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Iva dal 21 al 22%: benzina più cara di quasi 2 centesimi al litro

Admin Altreforme 1 Ottobre 2013

Economia/Lavoro, Erba

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aumento ivaERBA – Martedì 1° ottobre – ore 15 – “Siamo arrivati davvero al limite. Aumentando continuamente la pressione fiscale sull’acquisto dei beni di consumo, si va nella direzione sbagliata. Se i cittadini hanno limitate possibilità di spesa, con queste manovre penalizziamo loro e di riflesso il mercato, la produzione e l’occupazione”. Queste le parole della consigliera regionale erbese Daniela Maroni di fronte all’aumento odierno dell’Iva dal 21 al 22%.

La Maroni si trova a Roma, nelle vesti di vicepresidente nazionale Figics,  per discutere con la categoria che rappresenta, i gestori degli impianti di carburante,  riguardo all’aumento di IVA e accise. A fianco dell’IVA, infatti, si innesta l’ennesimo giro di vite sulle imposte di fabbricazione, meglio note come accise, che fanno salire il prezzo della benzina di 1,5-2 centesimi al litro.

Riguardo al settore della distribuzione carburanti, la Maroni afferma: “ Lo Stato non può pretendere che le stazioni di servizio fungano da pozzo inesauribile e sempre pronto, sono eccessivamente penalizzate. Dobbiamo rivedere il sistema delle accise,  che non solo incorporano gettiti per guerre, calamità naturali e altri disastri nazionali che ormai si perdono nella notte dei tempi, ma negli ultimi 18 anni hanno conosciuto costanti aumenti, del 21% per la benzina e del 23% per il gasolio”. Tradotto in un altro dato, accise e IVA producono un prezzo medio al litro superiore di 25 centesimi  rispetto alla media europea. 

Un fardello fiscale che “né consumatori né gestori sono più disposti a sopportare”, dichiara con preoccupazione il consigliere regionale, ideatore di quella carta sconto benzina che nelle scorse settimane è tornata a far parlare di sé per l’adeguamento delle tariffe nell’ottica di garantire una concorrenza alla pari per le fasce di territorio lombardo prossime al confine svizzero.

 

Martedì 1° ottobre – ore 1.25 – Dal 1° ottobre scatta l’aumento dal 21 al 22% dell’Iva. Una decisione che avrà un impatto negativo su consumi, prezzi, redditi, produzione e occupazione. La crisi di Governo, con quanto successo nel fine settimana, ha fatto saltare lo slittamento a gennaio dell’aumento e così dal 1° ottobre ci sarà il tanto temuto ritocco.

L’incremento riguarderà il 70% dei prodotti e, stando alle stime di numerose associazioni di consumatori, costerà oltre 200 euro annui di aggravi per le famiglie. Un aumento che rischia di essere fatale anche per molti settori del commercio, dall’abbigliamento al settore auto passando per i pubblici esercizi. L’ufficio studi Confcommercio nei giorni scorsi aveva effettuato una precisa analisi economica di questi effetti (vedi articolo).

Impatto sui consumi: si amplificherebbe la già drammatica situazione dei consumi che, dopo aver chiuso il 2012 a -4,3%, chiuderà, senza interventi, anche quest’anno in negativo (a -2,4%). L’incremento dell’Iva, che si tradurrebbe in una riduzione dei consumi dello 0,1% a parità di altre condizioni, andrebbe a incider negativamente sulle spese del mese di dicembre e quindi delle festività, momento nel quale, invece, si sarebbero potuti concretizzare finalmente gli auspicati segnali di ripresa.

Impatto sui prezzi: in una situazione in cui l’inflazione è sostanzialmente sotto controllo, si avrebbe un incremento dei prezzi tra ottobre e novembre di circa lo 0,4%, il cosiddetto “effetto scalino”, con inevitabili effetti di trascinamento anche nel 2014.

Impatto sul gettito: come già accaduto con l’aumento dell’aliquota dal 20 al 21%, la contrazione della domanda porterebbe con sé anche una riduzione del gettito Iva atteso.

Impatto su produzione e occupazione: la perdita di produzione, determinata dal calo dei consumi, comporterebbe, a regime, una riduzione dell’occupazione approssimativamente di 10 mila posti di lavoro.

Impatto sulle imprese: in una situazione già di estrema difficoltà per le imprese del commercio, gravate da una pressione fiscale da record mondiale e dal mancato pagamento dei debiti della pubblica amministrazione, un’ulteriore contrazione della domanda interna porterà alla chiusura di molte attività.

Impatto sui redditi: risulteranno più penalizzate le famiglie a basso reddito in quanto la pressione Iva (rapporto tra Iva pagata e reddito) per il 20% di famiglie più povere arriverebbe al 10,5%, mentre per il 20% di famiglie più ricche sarebbe del 7,5%.

Commenti assolutamente negativi e di forte preoccupazione quelli delle associazioni di categoria. “Per carità il nostro auspicio era quello di cancellare del tutto questo aumento ma spostare il ragionamento di qualche mese avrebbe almeno voluto dire ragionare su come trovare il modo di impedire questa ulteriore mazzata per il Paese, per i cittadini, per i commercianti – sottolinea il presidente di Confcommercio Lecco, Peppino Ciresa – Invece così la politica dà ancora una volta una pessima immagine di sé facendosi trovare impreparata e provocando questo aumento che avrà effetti recessivi e deprimerà ulteriormente l’economia del Paese”.