Tavernerio

Tavernerio. Serata contro le mafie. Il magistrato Dolci: “Proviamoci insieme”

Miryam Colombo 20 Marzo 2019

Attualità, Tavernerio

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TAVERNERIO – Come combattere le mafie da cittadini? Come affrontare il fenomeno mafioso da Amministratori? Sono questi gli interrogativi che hanno guidato l’incontro “No alle mafie, conoscerle per combatterle” svoltosi ieri sera, martedì, presso l’Auditorium di Tavernerio alla presenza di un pubblico numeroso.

La serata è stata organizzata dal Comune di Tavernerio, con il patrocinio di Albese con Cassano, Lipomo e Montorfano, in collaborazione con la Commissione Biblioteca di Tavernerio e il Circolo Ambiente “Ilaria Alpi”, il cui presidente Roberto Fumagalli è stato moderatore della serata.

Il magistrato antimafia Alessandra Dolci

 

Protagonista della serata è stata Alessandra Dolci, magistrato antimafia subentrata alla PM Ilda Boccassini come Responsabile della DDA (Direzione Distrettuale Antimafia) di Milano. Nella sua carriera il magistrato Dolci si è occupata di importanti inchieste contro le mafie in Lombardia, tra cui il processo “Crimine-Infinito”, e della presenza delle “locali” della ‘ndrangheta nella nostra provincia.

All’ottavo posto nella classifica nazionale speciale del riciclo dei rifiuti, Regione Lombardia, con la provincia di Como al terzo posto dopo Brescia e Bergamo, è una delle regioni italiane dove la presenza della malavita, e della ‘ndrangheta in particolare, è diventata una vera e propria emergenza. A destare preoccupazione è soprattutto il traffico illegale legato allo smaltimento dei rifiuti che giungono nella regione anche dal Sud: “Se prendiamo in considerazione la distribuzione degli incendi di rifiuti, notiamo che tra il 2014-17 il 45,5% del totale nazionale è avvenuto nelle regioni del Nord. È un dato estremamente allarmante per il quale dobbiamo tenere alta la soglia di attenzione – ha sottolineato il magistrato – Spesso interveniamo prevenendo gli incendi, ma poi scopriamo capannoni pieni di rifiuti: come cittadini, siamo attenti alla raccolta differenziata, ma poi ci rendiamo conto che i rifiuti vengono stipati nei capannoni in attesa del fuoco e il fatto allarmante è il flusso di rifiuti dal sud che vengono portati in Lombardia formalmente per la presenza maggiore di siti di smaltimento”. E quindi: “Queste tonnellate di rifiuti vengono stoccati e accumulati in settimane. Possibile che nessun cittadino abbia segnalato la presenza di camion sospetti alle Forze dell’Ordine? Il timore è che chi ha notato sia stato vittima di indifferenza e del principio per cui pensiamo che sia meglio farsi i fatti nostri”.

Ed è proprio l’indifferenza la causa più comune che alimenta e facilita il diffondersi del fenomeno mafioso, secondo il magistrato Dolci: “L’essere indifferenti al fenomeno è alla base del suo dilagare perché atteggiamenti come questi hanno portato alla diffusione delle mafie in Italia e all’estero – ha dichiarato – Il primo suggerimento è di riflettere sul perché dopo 40 anni le mafie siano sempre più presenti sul nostro territorio. Dovremmo tutti farci un esame di coscienza perché siamo corresponsabili”. Parole forti, a cui il magistrato ha aggiunto: “In parte il fenomeno è stato sottovalutato e in parte anche chi è nato qui pensa che i servizi della ‘ndrangheta siano interessanti: parlo di imprenditori come Ivano Perego che utilizzava i suoi scagnozzi calabresi per tutti i tipi di servizi, anche personali, e se ne faceva vanto con gli altri imprenditori. L’essere indifferenti e l’agire secondo criteri di convenienza, per imprenditori e amministratori, sono le cause della diffusione”.

Il magistrato Alessandra Dolci con Roberto Fumagalli, presidente del Circolo Ambiente “I. Alpi” e moderatore della serata

 

Più volte durante la serata è stato quindi ribadito il peso della responsabilità individuale nella lotta al fenomeno mafioso: “Segnaliamo alle Forze dell’Ordine se vediamo qualcosa di sospetto: basta davvero una telefonata – ha spiegato il magistrato Dolci – Ma quello che mi preme sottolineare è che, come cittadini, dobbiamo recuperare la coesione sociale perché un cittadino che si espone deve avere alle spalle la propria comunità. Per questo, sollecito la sensibilità delle comunità e delle associazioni di categoria: state vicino ai vostri assistiti perché il cittadino deve avere fiducia nelle istituzioni e non deve sentirsi solo”. E quindi ha aggiunto: “Conosco bene i miei nemici: i miei nemici hanno un forte senso di identità, di appartenenza. Noi non abbiamo più nulla da contrapporre a questo perché prevale il senso di isolamento che fa sì che il singolo non abbia il coraggio di esporsi. Proviamoci, proviamoci insieme”.  E rivolgendosi agli Amministratori locali presenti, il magistrato ha concluso: “Le istituzioni facciano sistema tra di loro. Io voglio essere un punto di riferimento per voi e sono qui perché voi mi vediate e mi conosciate”.

È proprio nei nostri comuni a celarsi la presenza delle mafie: come riportato durante l’incontro, “locali” della ‘ndrangheta sono state smascherate a Milano, Colico, Buccinasco, ma anche a Canzo, Erba, Cermenate, Mariano Comense, Giussano, Calolzio Corte, Lecco. Senza contare i beni confiscati: sul territorio del comune di Erba ci sono 14 dei 60 beni confiscati alla mafia nella provincia di Como, a Cantù ce ne sono 5. Anche al confine tra i comuni di Tavernerio e Lipomo è stata confiscata una villa appartenente al boss Nino Cappellato, arrestato durante l’operazione “Notte dei fiori di San Vito”.

Di fronte a questa realtà, dunque, l’incontro si è chiuso con la domanda: “Cosa manca nel nostro paese nella lotta contro le mafie?”. “Gli strumenti legislativi ci sono – ha risposto la dottoressa Dolci – Un problema che abbiamo è quello degli organici delle Forze di Polizia: nei nostri territori le disponibilità sono inferiori rispetto a quelle di altre regioni, ma anche il Nord Italia ha un serio problema e ci vogliono forze adeguate per contrastare il fenomeno”. E quindi ha concluso: “Il resto viene da noi cittadini: sono importanti i percorsi di legalità ed è fondamentale far amare la storia nelle scuole perché chi non sa la storia del suo Paese non ha le chiavi di lettura del presente e del futuro. La scuola e la famiglia devono stimolare i ragazzi perché l’unica possibilità di cambiamento è stimolare il loro cambiamento”.

 

Le autorità presenti alla serata