Ponte Lambro

Pietre d’inciampo, a Milano c’è anche un pezzo di Ponte Lambro

Caterina Franci 16 Gennaio 2020

Attualità, Ponte Lambro

PONTE LAMBRO – C’è anche un pezzo significativo della storia di Ponte Lambro racchiusa in quei cubetti di ottone posizionati ieri, 15 gennaio 2020 a Milano, le cosiddette pietre d’inciampo. Un termine quasi ‘scomodo’ ma allo stesso tempo evocativo: le pietre sono infatti quasi un ostacolo per ricordarci un passato che non deve passare, ma deve rimanere vivo affinché non si debba ripetere.

Tra i 28 deportati che sono stati ricordati con la posa delle pietre d’inciampo davanti alle loro abitazioni, ci sono anche due figure legate alla storia di Ponte Lambro, Roberto Lepetit e Giorgio Puecher Passavalli.

Roberto Lepetit (foto Wikipedia)

Roberto Lepetit, nasce il 29 agosto 1906 a Lezza (oggi Comune di Ponte Lambro). Lasciati presto gli studi classici per lavorare nell’azienda di famiglia, ne divenne unico responsabile nel 1928, dopo la morte del padre e dello zio. Negli anni ’20 la Lepetit aveva vissuto un boom e il gruppo crebbe con 16 stabilimenti in Italia e presenze in 36 paesi del mondo. Roberto Lepetit, giovane amministratore delegato e direttore generale della Lepetit era un uomo brillante e spiritoso, un imprenditore illuminato, di aperte idee sociali. Benché fosse obbligato, come industriale, a restare inquadrato nelle organizzazioni sindacali del regime, Lepetit in breve tempo matura una tale avversione al fascismo, e in modo così poco nascosto, che nel 1942 fu espulso dai Partito Fascista. In quell’anno ebbe i primi contatti clandestini con esponenti del Comitato di Liberazione Alta Italia, e si avvicinò al Partito d’Azione. Alla fine del 1942, come tanti, fu costretto dalla guerra a sfollare da Milano. Trasferì a Garessio, nel cuneese, la famiglia e il personale dell’azienda. Così si allontanò dai bombardamenti alleati, ma si venne a trovare nel bel mezzo di una durissima guerriglia partigiana. Alla fine di novembre 1943 i tedeschi arrivarono in forze e occuparono il paese. Ma Lepetit aveva già dato il suo contributo per far fuggire gli jugoslavi prigionieri in un campo di concentramento nella valle e aveva stretto rapporti con i partigiani della Val Casotto.

Il 3 maggio 1944 Lepetit decise di cambiare aria, perché aveva capito di essere ormai sospettato dal podestà locale e dai tedeschi. Portò per qualche tempo la famiglia a Rho e tornò a lavorare nella sede di Milano. Il 6 luglio 1944, poi, l’azione forse più pericolosa a cui Lepetit abbia partecipato: nella campagna attorno a Castellazzo di Rho riceve una missione aviolanciata. La sede della Lepetit a Milano era ormai diventata un punto di riferimento per la Resistenza, fino al 29 settembre 1944, giorno del suo arresto. Dopo gli interrogatori e le torture a San Vittore, fu mandato in campo di concentramento; prima a Bolzano, poi a Mauthausen, quindi a Melck e infine a Ebensee.

Morì il 4 maggio 1945, due giorni prima che gli americani arrivassero al campo di concentramento di Ebensee e nove giorni dopo la liberazione di Milano. Oggi la memoria di Roberto Lepetit è affidata ad una croce eretta sulla fossa comune di Ebensee. La moglie Ilda ha voluto che vi fossero scritte, in tre lingue, queste parole: “Al marito qui sepolto – compagno eroico dei mille morti che insieme riposano e dei milioni di altri martiri di ogni terra e di ogni fede – affratellati dallo stesso tragico destino – una donna italiana dedica – pregando perché così immane sacrificio – porti bontà nell’animo degli uomini”.

“Alla figura del nostro concittadino è stata intitolata la piazza di Lezza e le scuole elementari di via Trieste” ha ricordato il sindaco Ettore Pelucchi.

Giancarlo e Giorgio Puecher

Giorgio Puecher Passavalli, nasce a Milano il 14 maggio 1897 è il papà del giovane martire Giancarlo che ha svolto la maggior parte della sua attività partigiana proprio a Ponte Lambro divenendo vice comandante del gruppo partigiano di Ponte. Viene catturato una prima volta il 13 novembre 1943 nella sua villa di Lambrugo, il giorno prima era stato arrestato il figlio Giancarlo ad un posto di blocco fascista a Lezza. Viene trattenuto in carcere fino al 17 gennaio 1944, toccherà al vescovo di Como mons. Macchi dare la terribile notizia della fucilazione del figlio il 21 dicembre 1943. Nemmeno un mese dopo,il 15 febbraio 1944 sarà nuovamente arrestato con l’accusa di opposizione politica e rinchiuso nelle carceri di S. Vittore a Milano. Successivamente verrà trasferito nel campo di transito di Fossoli, nel giugno dello stesso anno sarà deportato nel campo di sterminio di Mauthausen dove morirà per gli stenti e i maltrattamenti l’8 aprile 1945.

Liliana Segre durante la presentazione delle nuove pietre d’inciampo in Comune a Milano lo scorso 13 gennaio (foto Comune di Milano)

 

L’iniziativa di posa delle pietre è stata preceduta da una cerimonia che si è tenuta il 13 gennaio nella sala del consiglio comunale di Milano con la presenza della senatrice a vita Liliana Segre, a cui il consiglio comunale di Ponte Lambro il 19 dicembre 2019 ha conferito la cittadinanza onoraria. La senatrice Segre ha pronunciato parole toccanti che hanno messo in evidenza l’importanza del ricordo e della conservazione della memoria. “Questi piccoli funerali di pensiero che sono per terra e si chiamano pietre d’inciampo, sono un funerale per chi non lo ebbe. In quella pietra c’è il fallimento dell’uomo”.

CLICCA QUI per vedere dove si trovano le Pietre d’Inciampo posizionate a Milano

GALLERIA FOTOGRAFICA (foto Comune di Milano)

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