Erba

“L’odissea di mio figlio al Pronto Soccorso”. L’Ospedale replica: “Nessun errore”

Caterina Franci 20 Gennaio 2023

Attualità, Erba

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ERBA – Più di dodici ore in Pronto Soccorso, dimissioni a notte fonda con un certificato di malattia definito “incompleto”. E’ “l’odissea” raccontata da un lettore, Giuseppe Gulino, che sarebbe stata vissuta dal figlio il 9 gennaio scorso al  Pronto Soccorso a Erba dov’era stato ricoverato in codice verde.

Scrive Gulino alla nostra redazione: “La mattina del 9 gennaio 2023 alle ore 8.30 circa mio figlio, a causa di un dolore lancinante, ha un collasso, con importante sudorazione e pallore. Dopo essersi ripreso ha provato a muoversi, ma fatti pochi passi si è accasciato al suolo per nuove fitte alla regione lombosacrale, riuscendo a trovare una posizione antalgica. Purtroppo ogni volta che tentava di rialzarsi il forte dolore lo costringeva a desistere. Dopo circa un’ora ho deciso di chiamare il 112. I soccorritori lo hanno trasportato in ambulanza al PS di Erba dove è arrivato alle 12 circa. Qui una infermiera ha rilevato i parametri vitali assegnando il codice Verde”.

“Da quel momento è rimasto sulla barella fino alle 23.45 senza che un medico lo visitasse. Mi domando come mai, però, sul documento di dimissioni risultino ben sei aggiornamenti sulla valutazione delle sue condizioni nonostante nessun medico o infermiere si sia mai avvicinato per verificare la situazione. Dal momento che non è ammessa la presenza di un parente è rimasto senza acqua e cibo sino a quando intorno alle 22.30 non sono andato a trovarlo. A mezzanotte circa, dopo ripetute richieste di mio figlio, una dottoressa ha fatto un paio di domande e senza una visita vera e propria né un esame, ha detto all’infermiera di somministrare tramite flebo un antidolorifico. Intorno all’1.30 ho chiesto di parlare con la dottoressa la quale mi ha risposto che aveva somministrato un antidolorifico e che da lì a poco l’avrebbe dimesso e avrebbe scritto tutto. Mi è venuto spontaneo chiedere come mai non avesse pensato di fare un esame? Dopo circa mezz’ora, quando pensavo che l’avrebbero dimesso, l’hanno portato a fare una RX. Ritornato in corridoio, perché è stato sempre in corridoio come altri pazienti, dopo pochi minuti è stato dimesso senza nemmeno aspettare il referto del RX. Naturalmente aveva ancora dolori e si muoveva con difficoltà”.

Continua  il lettore: “Siccome mio figlio aveva bisogno del certificato per giustificare l’assenza dal lavoro, mercoledì 11 gennaio l’ho accompagnato nuovamente al PS. Il medico di servizio gli ha preparato il certificato indicando il 10 come giorno di malattia al che mio figlio ha fatto notare che è entrato il 9 in Ps e il 10 è stato dimesso, il medico ha risposto in modo sgarbato che siccome la diagnosi è del 10 lui può certificare solo quel giorno. Ma il 9 che è stato sulla barella nel corridoio del PS chi lo deve giustificare? Non voglio aggiungere commenti, ma ho voluto descrivere fedelmente i fatti così che chi di dovere possa intervenire affinché queste situazioni spiacevoli non debbano più accadere” conclude Gulino.

La replica dell’Ospedale non si è fatta attendere. Per la direzione sanitaria, gli operatori avrebbero fatto tutto in maniera corretta. Ecco la lettera di risposta inviata al signor Gulino:

“In merito alla segnalazione la Direzione Medica Ospedaliera si è attivata per verificare sia la documentazione agli atti che tramite relazione da parte del Direttore del Reparto – scrive il Dottor Pierpaolo Maggioni, Direttore Sanitario del presidio erbese – Dalla documentazione del 112 che ha trasportato il paziente in Pronto Soccorso viene riferito un caso di riacutizzazione di lombalgia, senza nessuna menzione in merito al riferito collasso: per tali motivi è stato preso in carico al triage come codice verde”.

“Nel corso del 9 gennaio – fa sapere la direzione sanitaria – presso il PS erano presenti numerosi casi con il codice di urgenza superiore, motivo per cui l’attesa per l’accesso alla sala  medica si è ovviamente prolungato. Precisiamo, senza entrare nel dettaglio, che la nostra struttura è stata registrata dal monitoraggio effettuato dagli organi regionali come in ‘default’ fino alle 23 circa”.

In merito al riferito ‘abbandono’ del paziente l’Ospedale ha precisato: “In realtà, come anche da lei segnalato, il signore risulta essere stato rivalutato sette volte da almeno tre diversi infermieri professionali in turno presso il PS e che dalle timbrature risultavano regolarmente in servizio, motivi che fanno dubitare della mancata vigilanza da lei riferita”.

“Una volta che il paziente è stato preso in carico dal Dirigente Medico di turno – continuano dall’ospedale – è stato sottoposto ad anamnesi e visita, è stato richiesto un rx di controllo ed è stato somministrato per via endovenosa un antidolorifico. Dalla documentazione agli atti si evince che l’accesso al PS era determinato dalla riacutizzazione di una già nota lombalgia dovuta a protusione di L3-L4, caso che più correttamente doveva essere preso in carico dal Medico di Medicina Generale, così come dimostrato dal referto radiologico negativo. Il paziente è stato assistito nel corso del suo accesso al PS da una Dirigente Medico e dal Primario del reparto che correttamente hanno optato per la dimissione con invio dello stesso al medico curante”.

“Per quanto riguarda la certificazione Inail – prosegue Maggioni – il comportamento dei Dirigenti Medici è stato assolutamente corretto: è sicuramente compito del Dirigente Medico quello di redigere la certificazione in parola ed è un atto che deve essere compilato per normativa all’atto delle dimissioni del paziente dal PS, esattamente com’è stato fatto. La degenza che ha avuto luogo tra due giornate successive (9-10 gennaio) rende impossibile la retrodatazione di un atto pubblico (certificazione Inail) e ricordo che il Verbale di Pronto Soccorso in suo possesso è a tutti gli effetti un atto pubblico con valore legale e certifica la presenza della persona presso la struttura di ricovero e cura”.

Allegato alla lettera di risposta a Gulino l’ospedale ha allegato una copia cartacea della certificazione fatta al figlio: “Al momento della dimissione non è stata accettata dall’interessato” conclude l’Ospedale.