Erba

Coronavirus, i medici di base: “Anche noi in prima linea contro l’emergenza”

Caterina Franci 28 Febbraio 2020

Erba, Sanità

ERBA – “Vogliamo dare un messaggio di normalità, in primis ai nostri pazienti, quindi a tutti i cittadini. Il ruolo dei medici di base, per quanto svalutato negli ultimi anni, è ancora fondamentale nella società e vogliamo chiarire che anche noi in prima linea per fronteggiare l’emergenza Coronavirus, se non di più, visto che i pazienti si rivolgono prima di tutto a noi”.

Al termine di una settimana surreale e caotica i medici di famiglia erbesi hanno voluto richiamare l’attenzione sul loro lavoro ai tempi dell’emergenza sanitaria legata alla diffusione del CoVid 19. “In questi giorni, sarebbe inutile negarlo, abbiamo fatto fatica a lavorare, anche per colpa dei media e di un’informazione spesso allarmistica e scorretta” ha spiegato il dottor Giuseppe Rivolta in un incontro con la stampa locale “abbiamo deciso di mandare un messaggio di normalità, ricordando le buone prassi e al contempo sensibilizzando la popolazione verso il nostro importante lavoro”. Con il dottor Rivolta erano presenti altri colleghi dell’erbese, Alberto Rigamonti, Luca Rossini, Corrado Roda, Antonella Bertacchi, Francesco Gangarossa e Nadia Gemelli

Per fronteggiare l’emergenza i medici di base si sono dovuti organizzare, come spiegato: “Intanto, abbiamo sospeso le visite ambulatoriali chiedendo ai pazienti di telefonare e prenotare, per evitare assembramenti negli studi. Per la prescrizioni di medicinali con le ricette stiamo cercando di utilizzare i sistemi informatici, permettendo al paziente di recarsi in farmacia con la tessera sanitaria e lì ottenere i farmaci necessari senza dover prima passare da noi. Una buona prassi, quest’ultima, che speriamo si mantenga anche ad emergenza superata” è stato l’auspicio dei medici.

Accorgimenti che non hanno evitato il malcontento tra i pazienti, come testimoniato: “Ci è capitato di dover mandare via dei pazienti, chiedendo di telefonare: la gente ha fatto fatica a capire e non sono mancate lamentele: ‘Adesso per il Coronavirus io non posso venirmi a fare visitare o a prendere le ricette?’ tra le domande più frequenti che ci sentiamo chiedere ogni giorno. Ma anche noi abbiamo un protocollo da seguire, per proteggere i pazienti e noi stessi” hanno spiegato.

Nello specifico, è proprio il medico di base ad indirizzare il paziente nel caso ci sia un sospetto contagio da Coronavirus, attraverso un vero e proprio ‘triage’ telefonico. “Se il paziente chiama con la febbre alta che anche dopo due giorni di tachipirina non accenna ad abbassarsi – hanno spiegato i dottori – dobbiamo effettuare una serie di approfondimenti, tra cui ricostruire gli spostamenti negli ultimi 7 giorni, per capire se ci sia stato un legame con la cosiddetta zona rossa nel lodigiano (focolaio dell’epidemia, ndr) o con la Cina e se quella sintomatologia potrebbe nascondere un’infezione da Coronavirus. In caso positivo, chiediamo al paziente di segnalare la situazione: come? Al numero verde per le emergenze attivato da Regione Lombardia, 800.894.545. Lì gli operatori preposti daranno tutte le indicazioni del caso. La cosa più sbagliata è chiamare il 112, che si chiama unicamente per i casi gravi, dove cioè compaiano complicanze respiratorie serie, o recarsi in Pronto Soccorso”. ”

Queste sono le semplici direttive date dal Ministero della Salute, dalle Ats territoriali e da Regione Lombardia – hanno ricordato i medici – ma i cittadini, per prima cosa, se hanno sintomi, contattano proprio il loro medico di base. E’ così e lo testimoniano anche i numeri: da recenti ricerche è emerso come l’85% delle persone consulti internet per avere informazioni su sintomi e malanni e il 65% si rivolga al medico di base per avere una conferma. Il nostro ruolo, pertanto, è ancora centrale e ci sentiamo di dire, allo stato attuale, in primissima linea nell’emergenza legata alla diffusione di questa epidemia“.

Una mascherina FFP3 e guanti usa e getta

 

Proprio per questo motivo, hanno sostenuto i medici, la categoria meriterebbe maggiore attenzione da parte delle Ats e di Regione: “Abbiamo ricevuto precise prescrizioni per prevenire i contagi, tra cui l’obbligo di indossare presidi protettivi adeguati come guanti e camici usa e getta, mascherine FFP3. Peccato che a una settimana dallo scoppio dell’emergenza noi medici di base siamo ancora sprovvisti di questi presidi, eccezion fatta per i guanti. I camici non sono ancora pervenuti, così come le mascherine, che abbiamo dovuto comperare noi. Ci stiamo arrangiando artigianalmente, ma non nascondiamo il dispiacere verso la scarsa considerazione nei nostri confronti e la preoccupazione, fondata, di diventare noi stessi vettori di infezioni o di venire contagiati a nostra volta”.

Tolte le ‘note dolenti’, i medici erbesi hanno voluto infine sfatare un po’ di miti che hanno contribuito a creare psicosi nella popolazione: “Ieri c’è stata una notizia importante, all’Ospedale Sacco i ricercatori, coordinati dal professor Massimo Galli, sono riusciti ad isolare il ceppo italiano del virus. E’ come avere il suo ‘codice fiscale’, vale a dire che ora potremo capire come funziona la trasmissione e, ancora più importante, capire come muta e lavorare sugli anticorpi per creare una cura. Al momento – è stato spiegato – ai pazienti più critici ricoverati in terapia intensiva è somministrato un farmaco già utilizzato per l’Hiv che sembra funzionare”.

“La prudenza in questa fase di inizio epidemia è più che giustificata”, hanno ricordato i medici che hanno quindi aggiunto: “Siamo di fronte ad un nuovo virus per cui non esiste ancora vaccino, ma i numeri che abbiamo fino ad oggi parlano chiaro: nella grande maggioranza dei casi siamo di fronte ad un’influenza, che in casi eccezionali può portare a complicanze polmonari, soprattutto nel caso di pazienti già problematici. In pochissimi casi risulta letale. Ricordiamo, per rassicurare i cittadini, che ha fatto più morti la comune influenza: dal 1° ottobre a ieri, 27 febbraio se ne contano 157“.

Quale consiglio, allora, per evitare la trasmissione? “Il Ministero della Salute ha diramato un vademecum con 10 semplicissime regole (LE RICORDIAMO QUI), tra cui, la più importante, che poi è quella che ci insegnano sin da bambini, è quella di lavarsi spesso le mani. Attenersi a quelle ed evitare di frequentare luoghi troppo affollati se si ha raffreddore, tosse o febbre è un valido aiuto per contrastare la diffusione dell’epidemia” hanno concluso.