Erba

Bambini e Covid 19, intervista al Primario di Pediatria dell’ospedale

Miryam Colombo 12 Maggio 2020

Erba, Sanità

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ERBA – Sembrerebbe essere la fascia di età meno colpita dal Covid-19, ma tanti rimangono i dubbi e le preoccupazioni da parte di genitori e non solo nei confronti di bambini e ragazzi. In vista di un progressivo ritorno alla normalità, abbiamo chiesto chiesto al dottor Gaetano Mariani, Primario del reparto di Pediatria dell’Ospedale di Erba, di rispondere a qualche domanda sul “rapporto” tra bambini e Coronavirus.

Il dottor Gaetano Mariani

 

Dottor Mariani, stando alle conoscenze ad oggi disponibili, qual è il “rapporto” tra bambini e Coronavirus? Nel reparto di Pediatria dell’Ospedale di Erba sono stati assistiti bambini con patologie riconducibili al Covid-19?

“Finora i bambini sembrerebbero essere stati colpiti dal Covid-19 in maniera ridotta rispetto alla popolazione generale e ad oggi, nel reparto di pediatria dell’Ospedale Fatebenefratelli di Erba, abbiamo assistito a un unico caso di contagio da Covid-19: si tratta di una bimba di sei mesi, probabilmente infettata dal nonno, che ha manifestato febbre alta per circa 1 giorno e mezzo, prima che il suo quadro si risolvesse positivamente. Anche la mamma è risultata positiva, ma asintomatica”.

Nelle ultime settimane sono state avanzate diverse ipotesi che vedrebbero una correlazione tra la diffusione del virus e una maggior incidenza di malattie iperinfiammatorie come la malattia di Kawasaki. È effettivamente così?

“Per quanto riguarda le patologie iperinfiammatorie bisogna precisare che queste si sono manifestate maggiormente in zone dove l’epidemia si è concentrata e diffusa con più intensità. Malattie come quella di Kawasaki sono, infatti, espressione clinica di una risposta iperinfiammatoria ad agenti virali disparati; mediamente, nel nostro reparto, vediamo ogni anno circa 2-3 casi riconducibili a questa patologia. Nel quadro generale italiano, l’epidemia si è diffusa a macchia di leopardo (il virus ha colpito il 4-5% della popolazione nelle regioni meridionali, il 15-20% in Lombardia, con punte superiori anche al 30%). Nelle zone più colpite dall’epidemia di Covid-19, come le province di Brescia e Bergamo, in Italia e città come Londra e New York, i bambini infettati hanno sviluppato, nella gran parte dei casi, forme patologiche blande, mentre una porzione minoritaria ha manifestato forme più importanti con quadri iperinfiammatori, come appunto la malattia di Kawasaki. Per fare un esempio, nella clinica pediatrica di Brescia, sono stati circa 30 i casi di bambini ricoverati con Covid-19 e di questi 5-6 hanno sviluppato forme di tipo iperinfiammatorio”.

Da qualche giorno è iniziata la cosiddetta Fase 2 dell’emergenza. Quali sono i rischi che questa nuova situazione potrebbe portare con sé?

“Innanzitutto, dobbiamo pensare che, stando a quanto finora appreso, in un primo momento il Covid-19 si è diffuso sotto traccia facendo confondere i propri sintomi con quelli di altre infezioni in atto, come l’influenza A, l’Adenovirus o le infezioni da micoplasma, che si sono manifestate con quadri compatibili con polmoniti virali. Quindi, solo quando è stato isolato il nuovo Coronavirus e la diffusione delle suddette patologie si è ridotta, è stata rilevata in maniera evidente la sua presenza. Possiamo, quindi, ipotizzare che il problema potrebbe ripresentarsi nei mesi autunnali quando le patologie tipiche di questo periodo dell’anno torneranno a circolare: il rischio è che il virus torni sottotraccia e venga confuso nei sintomi con queste altre patologie. Inoltre, la riapertura delle scuole favorirà la circolazione di infezioni virali di altra natura e sarà, quindi, fondamentale avere la possibilità di una diagnosi precoce di Covid-19”.

Quali sono le prospettive, dunque, per il prossimo futuro?

“A mio parere, qualora si presentasse un nuovo picco di contagi, questo dovrebbe manifestarsi in maniera più blanda rispetto a quanto abbiamo visto finora: se il picco che abbiamo avuto ha interessato circa il 15-20% della popolazione lombarda, un nuovo picco potrebbe riguardare circa 1/3 delle persone colpite in totale finora. Connesso a questo argomento è sicuramente il discorso dei vaccini. Dobbiamo renderci conto che per avere consapevolezza del reale funzionamento del vaccino per il Covid-19 dovremo aspettare il mese di settembre, non prima. La valenza immunogena del vaccino viene infatti riconosciuta quando si riscontra una risposta immunogena nel 95% dei soggetti vaccinati: in altre parole, se 1000 pazienti vengono sottoposti al vaccino, perché questo sia ritenuto efficace è necessario riscontrare lo sviluppo di anticorpi neutralizzanti la malattia in almeno 950 pazienti. Solo allora è possibile progettare campagne di vaccinazione su tutta la popolazione. A questo si aggiunge poi il fatto che la risposta dell’organismo al vaccino dovrà essere costantemente monitorata per un certo periodo di tempo, al fine di capire quanto resistono gli anticorpi e stabilire, quindi, la necessità e la tempistica di eventuali richiami vaccinali”.

“Nel frattempo si lavora sul piano della terapia: le procedure terapeutiche che sono state finora attuate, verranno migliorate per ridurre ulteriormente l’incidenza del distress respiratorio e della letalità della malattia. Quindi, si può ipotizzare che il vaccino diventi disponibile in un momento in cui i protocolli terapeutici avranno già ridotto la letalità e l’aggressività della patologia. Senza contare che il virus, in quella fase, possa essere divenuto meno aggressivo”.

Torniamo alla Fase 2. Le ultime misure prevedono che anche i bambini possano riprendere a fare visita ai nonni e nelle prossime settimane con lo sblocco totale delle attività lavorative è ipotizzabile che alcune famiglie si rivolgano proprio ai nonni per affidare alle loro cure i più piccoli. Quali sono, dunque, i consigli pratici e le buone norme da seguire?

“La regola d’oro deve essere che se un bambino presenta sintomi quali raffreddore, tosse e febbre non lo si porti in alcun modo dai nonni. Se, al contrario, il bambino gode di ottima salute sotto tutti gli aspetti, può essere gestito dai nonni, ma è importante che questi ultimi assumano tutte le precauzioni del caso, ovvero indossino mascherina ,guanti e lavino spesso le mani, soprattutto nei casi in cui è più difficile mantenere il distanziamento”.

“Un altro aspetto da non trascurare riguarda la serenità di bambini e ragazzi: in questi mesi, stiamo vedendo molti casi, soprattutto nell’età adolescenziale, di sviluppo di patologie psicologiche. Purtroppo, anche indirettamente, i giovani sono tempestati di notizie negative e anche nei programmi televisivi pochi contenuti trasmettono positività. Il rischio che si corre è che tale quadro porti a situazioni di frustrazione e stress che si accompagnano poi a stati di ansia e preoccupazione. Per questo, pur rendendo consapevoli bambini e giovani riguardo al periodo che stiamo attraversando, è importante cercare di creare situazioni di positività e serenità”.