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Roberta Gatani ricorda lo zio Paolo Borsellino con il libro ‘Cinquantasette giorni’

Malaika Sanguanini 26 Febbraio 2024

Attualità, Cultura, Erba

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ERBA – Un evento incentrato sulla sensibilizzazione alla legalità quello che si è tenuto sabato pomeriggio presso la Cooperativa Noi Genitori: ospite dell’incontro Roberta Gatani, nipote di Paolo Borsellino, che ha presentato il suo libro “Cinquantasette giorni“, opera che racconta i giorni, appunto cinquantasette, che passarono tra l’assassinio di Giovanni Falcone e quello di Paolo Borsellino, i due magistrati siciliani che dedicarono la loro vita alla lotta contro la mafia.

Roberta Gatani

Un incontro in cui Roberta Gatani ha ripercorso vari momenti della sua vita: i ricordi legati allo zio Paolo Borsellino, scomparso quando lei aveva diciotto anni, il momento di consapevolezza di quanto accaduto, l’apertura nel 2015 della “Casa di Paolo“, un centro di accoglienza per ragazzi a Palermo, e di tutto ciò l’ha portata a decidere di rendere pubblico il suo libro.

La Casa di Paolo è il sogno di Salvatore Borsellino, fratello minore di Paolo, volto a ricordare in qualche modo quest’ultimo nel quartiere in cui entrambi sono nati e in cui sono stati dei bambini felici – racconta Roberta Gatani – Per Paolo era una ferita al cuore vedere bambini e ragazzi prendere strade non raccomandabili, in quei momenti si chiedeva che cosa avesse impedito a quei ragazzi di diventate delle persone perbene, come lo erano diventati lui e l’amico Giovanni Falcone.

Salvatore iniziò a porsi la seguente domanda: E se qualcuno desse a questi ragazzi l’alternativa di un contesto diverso da quello che conoscono? Sicuramente avrebbero anche loro la possibilità di diventare persone perbene. Nasce così la Casa di Paolo, il sogno di far sì che nel quartiere di Paolo e Giovanni possano continuare a nascere altri Paolo e altri Giovanni. Tutto il nostro impegno è rivolto a questo”.

Roberta Gatani ha successivamente raccontato come e da dove nasce il suo libro “Cinquantasette giorni”: “Purtroppo non tutti sanno che esistono questi cinquantasette giorni, più passavano gli anni e più me ne rendevo conto. Un paio di anni fa, quando ci avvicinavamo al trentennale della Strage di Capaci e di Via D’Amelio, ho cominciato a pensare a quel 23 maggio che si avvicinava e a cosa sarebbe accaduto a Palermo, la quale viene invasa da persone e da giovani che spesso non conoscono la storia nella sua interezza.

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino non sono morti lo stesso giorno, quest’ultimo e i cinque angeli della scorta, dopo la morte di Falcone, hanno vissuto per altri cinquantasette giorni, accumunando la morte dei due magistrati si rischia di dimenticarsi proprio di quel lasso di tempo e di chi, in quei giorni, avrebbe potuto salvare Paolo Borsellino, ma che invece ha scelto di abbandonarlo.

Si rischia di dimenticare che lui non si è fermato e non è scappato, nonostante fosse consapevole che a breve sarebbe toccato a lui, si rischia di fare il gioco di chi vuole che dimentichiamo, io questo rischio non lo volevo correre. Ho pensato, dunque, di raccontare in una sorta di diario la vita di mio zio in quei cinquantasette giorni, immaginando di essergli accanto e di accompagnarlo tutti i giorni fino a quel 19 luglio 1992″.

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