
ERBA – “Nessuno mette in dubbio che non sia affatto facile gestire una situazione del genere ma mi sembra oggettivo dire che la confusione creata con l’ultimo Dpcm e dal cosiddetto Decreto Ristori-bis, siano l’ennesima prova del pressapochismo con il quale il Governo sta gestendo il problema economico generato dal virus”.
Lo sfogo è di Michele Riva, portavoce dei commercianti erbesi. La riflessione parte dal Decreto Ristori-bis: “Già la parola ristoro la dice lunga sulla scarsa ‘previsione’ del Governo – ha dichiarato Riva – ristoro indica un sollievo temporaneo, è evidente invece che serva un sostegno più a lungo termine. Ulteriore impreparazione da parte di chi dovrebbe gestire questa cosa – ha aggiunto – il fatto che all’interno degli eventuali rimborsi sia stato dimenticato un settore, quello delle calzature e della pelletteria”.
Riva ha poi aggiunto ulteriori considerazioni: “L’aver deciso di tenere aperto alcune attività ritenute essenziali ha creato confusione non solo tra i commercianti ma anche tra i cittadini. Tante sono le cose strane e difficili da interpretare, così come da spiegare: perché una scarpa da bambino è una necessità e una scarpa da adulto no? Una calza sì, ma un pantalone no? La scarpa tecnica può essere venduta ma una scarpa da tennis no? La politica dovrebbe prendersi la responsabilità delle proprie azioni. Per contenere il virus è meglio chiudere i negozi? Va bene, ma è necessario da parte del Governo predisporre un piano economico a lungo termine per sostenere le attività che chiudi, altrimenti metti solo più in difficoltà”.
Per il commerciante erbese non sono solo penalizzati i negozianti chiusi ma anche i pochi rimasti aperti: “Nel momento in cui il decreto prevede che i cittadini escano di casa il meno possibile e solo per motivi di esigenza e necessità, risulta quanto meno ovvio che tra le priorità non ci sia quella di andare nei negozi a comprare. Per i commercianti tenere aperto è un costo e in questo modo non gli si permette di svolgere bene il proprio lavoro. Senza contare, anche qui, le evidenti discrepanze: un negozio di abbigliamento è chiuso ma nei supermercati, che restano aperti, il reparto abbigliamento è fruibile”.
“Tutto stride – chiosa Riva – serve una logica. Il mio pensiero non va solo ai commercianti ma ai ristoratori e ai bar che hanno investito per lavorare in sicurezza, seguendo le indicazioni del Governo, per poi ritrovarsi nuovamente chiusi. Ricordo al Governo che le nostre attività non sono un’auto che spegni e riaccendi in pochi secondi, serve programmazione, altrimenti il danno è irreparabile”.
In una situazione di incertezza l’appello finale del commerciante è quello di comprare nella propria città: “Sia che riapriremo o che resteremo ancora chiusi, invito gli erbesi ad acquistare nei negozi di Erba, anche in vista del Natale, evitando di affidarsi ai colossi dell’online. Ricordo che le attività sono autorizzate ad effettuare le consegne e domicilio dunque è possibile contattare i negozi per gli ordini che verranno poi recapitati comodamente a casa. Così teniamo aperte le città: abbiamo già visto cosa vuol dire avere le vetrine dei negozi spente, la città stessa si spegne, muore. Sostenere il commercio di una città vuol dire tenere ‘accesa’ la città stessa”.