ERBA – Serrande abbassate dalle 18 fino alle 5 del mattino, anche nei fine settimana, massimo 4 persone conviventi sedute allo stesso tavolo. Queste alcune delle misure previste per ristoranti, bar, gelaterie e pasticcerie dall’ultimo Dpcm, firmato domenica dal premier Conte nel tentativo di frenare l’avanzata dell’epidemia di Coronavirus.
Obblighi che, dopo le limitazioni imposte nei primi mesi dell’emergenza e le timide concessioni date con la riapertura, tornano ad abbattersi come una violenta tempesta su uno dei settori più colpiti dal Covid-19.
“Purtroppo c’è poco da dire – ha commentato Manuel Colombo, gestore della trattoria Mercato 38 di Piazza Vittorio Veneto a Erba -. Alla luce di quanto ci è stato imposto, abbiamo modificato i nostri orari decidendo di rimanere aperti tutto il giorno con orario continuato fino alle 18. Cerchiamo di continuare a fare, ma è inutile negare che questi provvedimenti ci tagliano le gambe perché il servizio serale rappresenta di fatto il grosso del nostro lavoro. Ci siamo sempre adeguati e continueremo a farlo, ma si aggiunge un’altra mazzata in questo 2020 non facile. L’unica speranza è che le abitudini delle persone possano cambiare e adeguarsi a questo nuovo contesto”.
Se qualcuno, dunque, è riuscito non senza difficoltà a trovare soluzioni alternative, per altri purtroppo le nuove limitazioni hanno portato alla chiusura temporanea: “Per come è strutturata la nostra attività, che offre un servizio esclusivamente serale, ci siamo visti costretti a chiudere totalmente finché non le condizioni attuali non cambieranno – ha spiegato Lionello Simone, titolare del ristorante Fra Pappina in via Carlo Porta -. Durante i primi mesi dell’emergenza, abbiamo provato a offrire servizi da asporto, per dare un segnale di presenza e di ripartenza, ma la soluzione non si è rivelata adeguata alle esigenze della nostra clientela: allo stato attuale non ce la siamo sentiti di affrontare queste spese. Non avrebbe senso, anche perché significherebbe mettere a rischio la nostra stessa sicurezza senza averne, di fatto, un ritorno economico. Per ora, quindi, rimaniamo chiusi”.
Intanto Confcommercio Como, che ieri ha visto la riunione d’urgenza del Consiglio, chiede in maniera provocatoria il ritorno ad un lockdown generale, “eliminando le discriminazioni tra le categorie”.
“La misura è colma – scrivono dall’associazione – con il nuovo Dpcm del 24 ottobre il Governo sferra il colpo di Grazia a ristoranti, bar, palestre ed altre attività che hanno davvero fatto di tutto per esercitare in totale sicurezza e nel rispetto delle norme. Il Consiglio di Confcommercio Como considera il dettato del nuovo DPCM un “Lockdown mascherato” che colpisce però solamente alcune categorie e incredibilmente non prevede nulla per quei settori, come il trasporto pubblico, considerati dagli esperti virologi, ad alto rischio di nuovi focolai”.
“Confcommercio Como – conclude la nota – definisce essenziali e non derogabili gli annunciati ristori, ma aggiunge che è necessario anche introdurre immediatamente degli ammortizzatori sociali in grado di garantire anche ai titolari degli esercizi la necessaria tutela prevista per i lavoratori dipendenti. Infine, è necessario agire drasticamente sul fronte dell’imposizione fiscale, sui costi fissi delle utenze e sui canoni di locazione pubblici e privati per poter consentire maggior serenità sul prossimo futuro considerato che i fondi stanziati non sono inesauribili”.