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La produzione del Giardino delle Ore ‘Quasi una serata’ vola a Milano

Redazione 1 Marzo 2023

Cultura, Erba

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quasi una serata

ERBA – Dita che battono sui tasti di una macchina da scrivere in un non luogo senza tempo. Buio all’interno di una sauna. Discussioni dopo uno spettacolo teatrale. Tre atti unici a formare quasi una serata escono dalla penna di Ethan Coen e vanno in scena per la prima volta in Italia. Sul palco, quattro attori del comasco che mai avevano lavorato tutti insieme prima d’ora: Davide Marranchelli, regista, Simone Severgnini, direttore artistico della compagnia teatrale erbese ‘Il Giardino delle Ore’, Stefano Annoni e Paui Anni.

Dopo il debutto canturino, “Quasi Una Serata” della compagnia erbese Il Giardino delle Ore vola a Milano per quasi una settimana al Teatro Leonardo: dal 21 al 26 marzo, sei repliche per cercare di dare una risposta all’annosa domanda: siamo noi ad assomigliare al divino o è lui ad assomigliare a noi?

Dalla penna di Ethan Coen (autore e regista per il cinema insieme al fratello Joel) nascono situazioni esilaranti e surreali, dove è il divino a essere a nostra immagine e somiglianza, e non viceversa. Tra teatro dell’assurdo e ironia tipica della sua opera, alle situazioni evocate dai tre atti unici in cui si suddivide il testo, la scelta registica è stata quella di aggiungere un’ulteriore scatola teatrale, in cui si muovono gli attori quasi surrealmente.

“Quasi Una Serata è un gioco—il teatro è un gioco—e Cohen ne è pienamente consapevole: un “aldilà” a immagine e somiglianza degli inferni di questa terra, discussioni fra coppie che potremmo essere noi ieri sera, dibattiti accesi tra dèi che amano e dèi che giudicano, ma comunque dèi che menano – spiega il regista Marranchelli – Nei tre atti unici si affrontano smaccatamente temi “altissimi”, quasi intoccabili: domande esistenziali, l’eternità, il rapporto con Dio e con la propria coscienza, le relazioni e i sentimenti; la nostra sensazione è che questo cabaret di temi passi però in secondo piano di fronte al medium che li tiene insieme: il teatro, inteso come cerimonia, condivisione di domande e conflitti a volte insolubili. Abbiamo scelto quindi di mettere al centro del dibattito proprio la teatralità, questo rito collettivo che tanto ci affascina e diverte, e di interrogarci innanzitutto sul nostro modo di fruire del teatro, di stare in scena e di stare in platea, e di porre le stesse domande anche al pubblico. Cosa cerchiamo da una serata di spettacolo? A cosa serve? Non basta sedersi per essere spettatore, e non basta agire per essere attore, per rendere quasi una serata una “Serata intera” dobbiamo percepire gli esseri umani davanti e intorno a noi non solo come occhio e orecchio, ma come materiale fertile, malleabile e incredibilmente vivo. Questo spettacolo inizia molto prima del suo inizio, con un’investigazione che parte dalle nostre città e finisce in platea, in una (quasi) serata che vuole essere allo stesso tempo indagine e restituzione, spettacolo e prova, per rendere i confini della rappresentazione, così come quelli della finzione, sempre più labili”.

“Il periodo di lockdown è stato anche un momento di unione e confronto. Ci siamo parlati molto tra artisti e inevitabilmente sono nate delle idee. Questa è una di quelle – aggiunge Severgnini – Un progetto che mette insieme un gruppo di attori di Como. Rimettersi in gioco ogni volta, con persone diverse… conoscersi, capirsi, intendersi, accordarsi, collaudare, testare il gruppo. In inglese “recitare” si dice “to play” che da noi si traduce con “giocare”, e trovare dei nuovi compagni di gioco non è facile. A noi è andata bene, ci siamo trovati. La diversità diventa così il valore fondante di un cast artistico alla prima volta insieme che si cimenta con un testo mai allestito in Italia. Per regalarvi quella che speriamo possa essere almeno “quasi una serata”.

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