Erba

A due erbesi il terzo posto del Premio internazionale di letteratura Città di Como

Miryam Colombo 21 Ottobre 2021

Cultura, Erba

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Giovanna Caldara e Mauro Colombo

 

ERBA/COMO – Una storia di coraggio, di umanità e di instancabile speranza quella presentata nel libro “Tanto tu torni sempre. Ines Figini, la vita oltre il lager” che lo scorso 16 ottobre si è aggiudicato il terzo posto su tredici finalisti nella sezione Saggistica del prestigioso e ambito Premio internazionale di letteratura Città di Como.

Autori sono due giornalisti erbesi, Mauro Colombo e Giovanna Caldara, che nella loro opera, pubblicata da Zolfo Editore, raccolgono la storia di Ines Figini (1922-2020), comasca, deportata nel marzo 1944, quando aveva meno di 22 anni, nei lager di Mauthausen, Auschwitz-Birkenau e Ravensbrück.

Attraverso questo Premio la giuria, presieduta dallo scrittore Andrea Vitali, ha voluto omaggiare “la personalità di Ines Figini che emerge tra le righe di un racconto semplice, diretto, umano e costruttivo. Ci dice che restare umani è possibile, in qualsiasi situazione. Che siamo tutti chiamati a fare del bene, a custodire la memoria e a fare la nostra parte per un mondo migliore”.

Il Premio è anche e soprattutto un’occasione per perpetuare la memoria della protagonista perché, come hanno sottolineato gli autori Colombo e Caldara durante la cerimonia di premiazione, “la sua testimonianza è un inno alla vita talmente forte che una cosa tutto sommato banale come la morte non può arrestare”.

L’ultima edizione del volume è uscita in libreria a pochi mesi dalla morte di Ines Figini, avvenuta il 26 settembre 2020 a 98 anni ed è corredata da sedici lettere inedite che lei scrisse alla madre tra il 18 settembre e il 10 ottobre 1945, durante il suo ricovero in ospedale, che non poté spedire e tenne con sé fino al suo ritorno a casa. In apertura della sezione dedicata alla corrispondenza epistolare sono riportate anche due lettere scritte dalla giovane durante il suo viaggio verso la Germania quando, ancora ignara dell’amaro destino che di lì a poco l’avrebbe colpita, scrive ai familiari: “Non voglio assolutamente che vi preoccupiate per me. Con molta probabilità ci mandano in Germania. (…) Sapete che posseggo abbastanza coraggio per affrontare qualsiasi avversità futura” (marzo 1944).