Cesana Brianza

Parco solare nell’ex miniera Alpetto, le associazioni ambientaliste sollevano dubbi

Lorenzo Colombo 14 Giugno 2025

Ambiente, Cesana Brianza

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“Una ferita sul Cornizzolo destinata a rimanere”

Ad intervenire sono il Circolo Ambiente “Ilaria Alpi” e il Gruppo Volontari per la Difesa della Natura di Suello

CESANA BRIANZA – Il progetto del maxi impianto fotovoltaico nell’ex miniera Alpetto di Cesana Brianza accende la polemica. Se da un lato si parla di transizione ecologica e produzione di energia pulita, dall’altro c’è chi denuncia una “ferita visibile per i prossimi secoli”, lasciata sulle pendici del monte Cornizzolo.

La firma della convenzione per la realizzazione del cosiddetto “parco” solare, avvenuta nei giorni scorsi tra la società pubblica Silea e Holcim Italia, ha sollevato forti perplessità tra le associazioni ambientaliste locali. Due in particolare – il Circolo Ambiente “Ilaria Alpi” e il Gruppo Volontari per la Difesa della Natura di Suello – contestano il merito e il metodo dell’operazione.

“La nostra posizione è chiara: siamo favorevoli alle rinnovabili, ma non a qualsiasi costo”, affermano in un comunicato congiunto. “I pannelli fotovoltaici dovrebbero essere installati su edifici esistenti o su vere aree dismesse. L’ex miniera dell’Alpetto non può essere considerata tale: è un sito da bonificare, non da riconvertire senza recupero”.

Al centro della contestazione vi è il timore che, dietro la retorica dell’energia pulita, si nasconda un’operazione di convenienza economica per Holcim. L’azienda, che per decenni ha operato attività estrattive nella zona, secondo gli ambientalisti avrebbe l’obbligo di ripristinare ambientalmente l’area. “L’installazione del ‘parco’ fotovoltaico – accusano – permetterebbe a Holcim di evitare i costi del recupero paesaggistico, scaricando ogni onere sulla società pubblica Silea, e quindi, indirettamente, sui cittadini”.

Il paesaggio, dicono, ha già pagato un prezzo altissimo. Chiunque percorra la provinciale che da Suello sale verso il lago di Pusiano, conosce bene quella cicatrice biancastra che taglia la montagna. “Una ferita profonda, visibile da chilometri di distanza”, sottolineano i firmatari della nota. “E non si può certo pensare che dei pannelli solari possano costituire una forma di compensazione, anzi: cementerebbero il danno per sempre”.

Le critiche non si fermano all’aspetto ambientale. Le associazioni pongono interrogativi anche sui potenziali rischi per la stabilità geologica della cava, per il microclima della zona e per la fauna locale. Non solo: emerge anche l’ombra di un conflitto di interessi legato al recente passato dei vertici di Silea. “Ci chiediamo se sia stato opportuno – scrivono – che un ex rappresentante di Holcim sia diventato presidente della società pubblica. Anche se nel frattempo la presidenza è cambiata, il passaggio di ruoli resta emblematico”.

Il progetto, insomma, divide. Da un lato c’è l’ambizione di trasformare un’area compromessa in una fonte di energia rinnovabile. Dall’altro c’è il sospetto che si stia aggirando un obbligo di bonifica, trasformando una responsabilità ambientale in un’operazione economica mascherata da green economy.

La palla ora passa ai sindaci dei Comuni soci di Silea, che – secondo gli ambientalisti – devono chiarire alla cittadinanza quali siano i veri vantaggi dell’intervento. “Non si può spacciare per ambientalista un progetto che, nella sostanza, evita a un privato di farsi carico di un doveroso ripristino ambientale”, concludono.

Una questione, quella dell’Alpetto, destinata a far discutere ancora a lungo. E a ricordarci che la transizione ecologica, per essere davvero tale, deve avere solide basi di giustizia ambientale e trasparenza amministrativa.