
ERBA – Appoggiati a un pilastrino, in auto o mentre si cammina: ci si ingegna come si può, ma al piacere del caffè del bar non si rinuncia nemmeno a Erba. A poco più di un giorno dalla riapertura dei bar, seppur solo in modalità da asporto e con i divieti di consumare fuori dai locali, abbiamo fatto un giro per la città per capire come gli esercenti si siano organizzati nella Fase 2 dell’emergenza.

Ingressi contingentati, consumazioni take-away, percorsi alternativi dentro ai locali, igienizzanti e guanti, mascherine e visiere sono solo alcune delle strategie assunte dai titolari dei locali. La grande maggioranza di loro ha poi ridotto il proprio orario di apertura, limitandosi alla mattina e, solo in pochi casi, fino al primo pomeriggio.

Una ripartenza, dunque, molto particolare e per alcuni versi difficile. Non solo per le modalità, ma anche per lo stesso rapporto con il cliente, elemento essenziale del servizio al bar: “I nostri clienti sono stati davvero eccezionali e non hanno mai mancato di farci sentire il proprio affetto e per questo non possiamo che ringraziarli – ha spiegato Anna Sartori dell’omonima pasticceria -. Da ieri in molti sono venuti perché volevano rivederci, ma, devo ammettere, siamo in grande difficoltà a vedere il negozio così: questa forma di asporto non è semplice da gestire e, per quanto abbiamo pensato a soluzioni differenti e varie, non è facile riuscire a garantire il servizio, inteso anche come relazione con i nostri clienti, che è parte stesso di questo lavoro. L’impatto con questa nuova condizione è stato malinconico perché non riusciamo a lavorare come vorremmo dato che l’obiettivo è quello di far star bene le persone e così è davvero difficile. L’unica cosa che, quindi, mi sento di chiedere è di non farci lavorare a lungo così”.

In questa situazione qualcuno ha anche provato a reinventarsi come è stato per il bar Zeus di via Fiume che con l’emergenza ha attivato un punto alimentare: “Abbiamo creato un angolo dedicato alla vendita dei generi alimentari – hanno spiegato – rivoluzionando così il bar. In questo modo andiamo avanti anche se le persone che entrano per un caffè sono ancora poche. Non c’è che da augurarsi di tornare presto alla normalità”.

E se la situazione attuale lascia poco spazio all’inventiva, gli esercenti guardano già al futuro e, in particolare, alla prossima meta del 1° giugno quando, secondo quanto previsto dall’ultimo decreto del 26 aprile, bar e ristoranti dovrebbero iniziare a riprendere “normalmente” la propria attività, pur garantendo misure di sicurezza.
“Uno dei problemi principali che rileviamo è quello della gestione degli spazi – ha spiegato Davide Malinverno de Langolo dei Gaudiosi -. Con buona probabilità dopo il 1° giugno dovremo pensare a ridurre i tavoli disponibili per garantire le distanze e per questo ci stiamo attivando con Confcommercio e gli altri esercizi di Piazza Mercato per richiedere al Comune la possibilità di utilizzare la parte rialzata della piazza per mettere qualche tavolo. Potrebbe anche essere un’occasione per iniziare un percorso di riqualificazione di questo luogo creando un ‘salottino’ in cui i diversi esercizi commerciali possano avere una parte. Questa sarebbe la nostra idea e, nel frattempo, cerchiamo di andare avanti forti anche della solidarietà e dell’affetto mostrato dai nostri clienti e dai commercianti della piazza”.

Preoccupazioni e pensieri per il presente e il futuro, condivisi dalla grande maggioranza degli esercenti: “Con questa riapertura iniziamo a vedere la luce in fondo al tunnel – ha commentato Alessandro Viganò de Il Cafferino -. Chi, come me, ha sia la parte di edicola che di bar riesce in questo modo a offrire un servizio più completo, anche se le preoccupazioni non sono poche. A mio avviso, c’è stata e c’è tuttora poca chiarezza su molti aspetti senza contare che le spese a cui siamo andati incontro sono davvero significative. In ogni caso, cerchiamo di guardare con speranza al futuro. Noi siamo qui per i nostri clienti”.

“Al momento la situazione è davvero difficile, solo per rendere l’idea siamo passati da un centinaio di caffè al giorno a una ventina, e credo che, per quanto ci sia voglia di tornare a socializzare, le persone abbiano in qualche modo ‘perso’ l’idea di uscire a bere un caffè come parte della routine quotidiana – ha replicato Paolo Cavalleri del bar The Bridge di Crevenna -. La modalità stessa dell’asporto scoraggia. La domanda è se dopo il 1° giugno cambierà davvero qualcosa. Ce lo auguriamo, ma bisogna sperare che le persone ritornino a poco a poco ad uscire e a riprendere l’abitudine di un caffè”.

Tante, dunque, le speranze e le difficoltà di questo inizio della Fase 2 che al momento sembrerebbe avere tutto il sapore del caffè: quel dolce-amaro in bocca a cui nessuno vuole rinunciare.