
LURAGO D’ERBA – “Non parti per trovare te stesso, perché non ci riuscirai mai. Parti perché, se è ciò che senti dentro, lo devi fare. Altrimenti ti resta un vuoto per tutta la vita”. Così presenta la sua storia Nadine Cammarata che insieme al marito André Kammer, entrambi 51 anni, è partita a gennaio 2018 dalla Svizzera sulle sua bicicletta per percorrere la Via della Seta fino al confine con la Cina. Una storia di coraggio, di determinazione e di fiducia in sé e negli altri.
Un viaggio che porta molto lontano, ma che parte da Lurago d’Erba, città natale di Nadine: “Concluso il mio percorso di studio alla scuola alberghiera sono partita per la Svizzera dove lavoravo stagionalmente – ha spiegato – Nei mesi in cui non ero occupata, viaggiavo: Australia, Nuova Zelanda, Perù, India, Sudafrica, Israele sono alcune delle mie mete. Non sempre conoscevo la realtà che stavo per incontrare, ma sapevo di dovermi recare in quel posto. Lo sentivo dentro”. Dopo diversi viaggi in solitaria, l’incontro con André, proprietario di un panificio. A legarli la passione per la bicicletta.
Nel 2013 il loro primo itinerario su due ruote: “Lavoravamo, lavoravamo, ma ci mancava qualcosa – ha proseguito – Così abbiamo deciso di ‘scappare’ dalla vita di tutti i giorni. All’inizio non è semplice, ma il coraggio arriva e in questi vent’anni siamo diventati un team inseparabile. A novembre 2013 abbiamo deciso di partire e per un anno abbiamo attraversato in bicicletta la Nuova Zelanda. È stata una bellissima esperienza ed è per questo che, una volta tornati, continuavamo a sentire il desiderio di ripartire”.

A gennaio 2018 la svolta: venduto tutto quanto in loro possesso, Nadine e André sono partiti da Thun in Svizzera con l’obiettivo ben preciso di percorrere il tracciato della Via della Seta a bordo delle loro biciclette. 12 mesi, 14968 km totali percorsi, 17 paesi visitati sono solo alcuni dei numeri che descrivono un viaggio che per i due ciclisti ha rappresentato molto di più. “Da questo viaggio siamo tornati cambiati – ha raccontato Nadine – In bici hai tempo di guardare e apprezzare i panorami, ma anche di entrare in contatto con la vita reale: sei parte della natura, ti senti vivere perché di fatto lotti per la sopravvivenza. E in questi mesi abbiamo conosciuto sulla nostra strada persone straordinarie che nei loro gesti semplici non ci hanno mai fatto sentire soli e abbandonati a noi stessi, come le suore italiane che ci hanno ospitato in una notte di pioggia, il contadino che ci ha offerto del cibo lungo la strada o il ragazzo che in Iran ci ha dato dell’acqua senza che noi chiedessimo nulla”.
Ed è proprio l’ospitalità la cifra che ha caratterizzato il loro viaggio: durante i mesi invernali hanno attraversato la Svizzera, l’Italia, la Slovenia, la Croazia, la Bosnia-Erzegovina, il Montenegro, l’Albania, la Macedonia e la Grecia, Nadine e André sono quindi passati attraverso la Turchia, il Kurdistan e l’Iran “assaggiando” l’accoglienza offerta loro dagli abitanti: “Abbiamo ricevuto un’accoglienza inimmaginabile – ha spiegato Nadine – Sono paesi dove in alcune zone si prova grande solitudine, ma dove c’è anche molta attenzione per il viaggiatore: sia in Turchia che in Iran, ad esempio, è possibile montare la tenda nei parchi pubblici e non è così raro ricevere inviti nelle case per pranzare”. Il viaggio è poi proseguito in Azerbaijan, Kazakistan, Uzbekistan, Tajikistan fino al Kirghizistan. Da lì, a causa di problemi nell’ottenere i visti per la Cina, Nadine e Andrè hanno preso un aereo fino al Vietnam dove hanno concluso il loro percorso: “A Ho Chi Minh avevamo le lacrime agli occhi: avevamo raggiunto la città dove si concludeva il nostro viaggio”.
“È stato un viaggio duro che ci ha messo alla prova, ma una soluzione si trova sempre – ha proseguito Nadine – Ci siamo accontentati di poco: spesso abbiamo filtrato l’acqua, facevamo provviste di cibo per 4-5 giorni e nei pasti ci siamo fatti bastare quello che c’era. Se qualcosa mancava, chiedevamo, anche se in molte occasioni, appunto, sono stati gli stessi abitanti a chiederci se avessimo bisogno di qualcosa”. E ha aggiunto: “Uno degli aspetti più difficili è l’abituarsi alle tante mentalità e culture diverse che si incontrano: passi talmente tante frontiere che quasi non hai il tempo di capire come comportarti. Anche comunicare non è semplice, ma con i gesti e con qualche parola locale imparata siamo sempre riusciti a intenderci”.
Alla domanda “Quali progetti per il futuro?” Nadine sorride: “Sicuramente continueremo a fare viaggi: ci piacerebbe percorrere la Russia, la Cina e la Mongolia in bicicletta. Per ora siamo fermi perché la nostra vita sta cambiando: abbiamo deciso di trasferirci in Nuova Zelanda e stiamo ottenendo i documenti necessari”.

“A chi volesse partire dico soltanto: ‘Vendi tutto e vai’ – ha concluso Nadine – È bello avere un punto di riferimento, un luogo in cui tornare, ma questo non deve condizionare: noi siamo liberi a differenza di altri paesi dove le persone non hanno possibilità di movimento, ma spesso non ne approfittiamo. Se vuoi fare qualcosa, fallo cercando di vivere alla giornata perché il resto si impara e ci sarà sempre qualcuno ad aiutati”.
Alcune foto dal viaggio di Nadine e André.