CANZO – Il Gruppo Naturalistico della Brianza organizza un tavolo informativo per presentare il recente studio sul ripristino della strada tra Scarenna e Caslino d’Erba. L’appuntamento è per Domenica 27 aprile dalle 9,00 alle 13,00 in via Mazzini, “zona fontana”, a Canzo.
“E’ stato scelto il progetto che era dichiarato impossibile, ossia il recupero completo del tracciato esistente. La novità importante è che la Comunità Montana ha finalmente scelto un’alternativa all’occupazione dei prati e del sentiero lungo il Lambro. Abbiamo dunque avuto ragione nel chiedere una valutazione seria delle alternative di tracciato, la decisione di 4 anni fa non aveva davvero considerato tutte le possibilità a dispetto di quanto inizialmente dichiarato. Per la strada di Scarenna, il progetto esecutivo del Geol. Massimo Ceriani, con la consulenza del Ing. Giovanni Bono, riporta: “In generale era ed è evidente che allontanando la strada dal versante la problematica del rischio crolli viene completamente superata ma la controindicazione sarebbe la irreversibile trasformazione di una pregevole area agricola nella piana del Fiume Lambro (impatto ambientalepaesaggistico) con notevole consumo di suolo. … La soluzione scelta, …, consiste pertanto nel mantenimento della strada nella attuale posizione con sbancamento del detrito di versante e realizzazione di un rilevato vallo paramassi alto 5 metri e lungo circa 180 m a protezione della strada, previa demolizione, con microcariche esplosive, della porzione rocciosa aggettante e potenzialmente pericolosa. Per garantire una maggior sicurezza è prevista anche l’installazione di un sistema di monitoraggio delle pareti rocciose.” Il Gruppo Naturalistico della Brianza rivolge un appello ai Comuni per conservare la “pregevole area agricola” classificandola nel PGT come area “a vocazione agricola”, secondo quanto previsto dall’art 15 del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale. Il metodo adottato per Scarenna di maggiore attenzione all’ambiente dovrebbe valere anche per altri progetti, tra cui quello dell’innevamento artificiale di una pista da sci a bassa quota sul monte San Primo. In quel caso basterebbe il 5 per mille dell’investimento per riattivare la stazione meteorologica ed avere così misure sul campo di temperatura ed informazioni utili per previsioni e validazioni: si potrebbe evitare uno spreco di soldi pubblici con danno all’ambiente per interventi non sostenibili”.