ERBA – Il 2017 per i produttori di miele italiani sarà ricordato come una delle peggiori annate degli ultimi decenni: a confermarlo è il Consorzio Nazionale Apicoltori (Conapi) che parla di “anno nero” per la produzione di miele italiano, soprattutto in alcune zone geografiche del paese, tra cui Nord e Centro.
Colpa del clima, con il gelo tardivo della scorsa primavera che ha dapprima ‘stroncato’ la produzione di miele d’acacia, quindi la prolungata siccità estiva e autunnale che ha messo a dura prova gli alveari. A rendere conto del danno sono i numeri: a livello nazionale per l’acacia si parla di un minimo storico con il 30% in meno di produzione rispetto al 2016 e ben il 70% in meno rispetto al 2015. Il volume complessivo del raccolto di acacia è calato dalle 705 tonnellate del 2015 alle 198 del 2017.

Un’annata infelice sentita anche dagli apicoltori erbesi, anche se nel nostro territorio i danni sono stati tutto sommato inferiori rispetto a quanto accaduto in pianura Padana o in altre zone del Nord Italia, come hanno avuto modo di raccontarci due professionisti del settore. Si tratta di Luciano Mazzola, dell’Apicoltura Luciano Mazzola di Erba, e di Maurizio Gallo, dell’Apicoltura Biologica Maurizio Gallo di Tavernerio.

E’ stata proprio un’annata nera per il miele? “Direi di sì – ha detto Mazzola – complici diversi fattori, il meteo e l’uso di pesticidi, la produzione di miele ha avuto un notevole calo. Da noi, nell’erbese, le perdite sono state del 20-25% ma a livello nazionale la percentuale ha superato in molti casi il 50%. Di certo la produzione più danneggiata è stata quella di acacia, nel 2017 praticamente andata persa a causa del gelo tardivo che ha colpito la robinia”.
Una produzione, quella di acacia, sulla quali gli apicoltori erbesi, ma non solo, puntano molto ogni anno, come ci conferma Maurizio Gallo: “Da quando faccio questo lavoro, 40 anni circa, non ho mai visto un’annata così brutta per l’acacia. Una magra consolazione c’è: da noi la siccità dell’anno scorso è stata interrotta da sporadiche precipitazioni, scarse ma che ci hanno evitato le perdite avute dai colleghi dell’Italia centrale ma anche della Pianura Padana. In estate portiamo le nostre api in montagna per la raccolta di castagno, tiglio, rododendro e millefiori, anche lì siamo stati ‘salvati’ da qualche temporale. Per tornare alla produzione, l’acacia è andata persa, mentre siamo riusciti ad avere un raccolto sostanzialmente soddisfacente per quanto riguarda il miele di montagna”.

Lo spettro dello scorso anno sembra allungarsi su questa prima parte del 2018, caratterizzata da un gelo tardivo che sta mettendo a dura prova lo sviluppo delle api: “Diciamo che siamo in ritardo – ha detto Mazzola – e probabilmente perderemo ancora la produzione d’acacia. In questo periodo dovrebbero fiorire anche tarassaco e ciliegi ma siamo in ritardo a causa del freddo e del maltempo. Speriamo che la situazione migliori più avanti!”. “Lo sviluppo delle api è in ritardo a causa del freddo primaverile che sta ancora continuando– gli fa eco Gallo – ma nulla è ancora compromesso. Siamo ottimisti, confidiamo nel bel tempo per la fioritura della robinia”.
“In generale – ha commentato Livio Colombari, Tecnico di Api Lombardia – possiamo parlare di una diffusa carenza di nettare e polline dovuta al freddo che ha stremato le api e che si sta protraendo. La stagione era cominciata in salita, con il caldo di gennaio che ha permesso alle api di deporre le uova. A questo punto tifiamo per il ritardo”.
Sulla scorsa annata Colombari ha confermato la tendenza: “Tolti sparuti casi la produzione ha subito un calo generalizzato, soprattutto al Nord e al Centro. Qui al Nord la forte siccità ha interessato soprattutto la Bassa Padania e l’Oltrepo Pavese, quindi il Veneto e anche il Piemonte. Il ritorno di gelo ha creato ulteriori danni, molti apicoltori hanno dovuto spostarsi”.
Non è solo il clima però ad aver inciso negativamente sulle condizioni degli alveari e sulla produzione di miele. Luciano Mazzola ricorda a questo proposito i devastanti effetti dell’uso di pesticidi. “La cattiva condizione delle api è dovuta anche all’uso di pesticidi e diserbanti in zone ad agricoltura intensiva. Dalle nostre parti c’è il florovivaismo e l’utilizzo di queste sostanze è comune, questo compromette lo sviluppo delle api e non solo”.
“Come apicoltori – ha proseguito – ci stiamo battendo affinché i diserbanti e i pesticidi vengano eliminati e sostituiti con trattamenti non dannosi. Qualcosa sul piano del pubblico si sta muovendo, ad esempio molti Comuni hanno istituito il divieto di utilizzare il Glifosato, ma i privati possono ancora utilizzarlo”.
Contro le difficoltà degli ultimi anni gli apicoltori stanno cercando di fare squadra: lo scorso anno è così nato il Gruppo Api Brianzole, un’associazione che riunisce apicoltori e produttori della Brianza. “Siamo erbesi, brianzoli, produttori del Triangolo Lariano – ha spiegato Mazzola – e di mese in mese ci ritroviamo a casa gli uni degli altri per confrontarci su alcuni temi, conoscerci e parlare delle difficoltà. In quest’ottica non siamo concorrenti, ma collaboratori, e ci sosteniamo a vicenda” ha concluso.