ERBA – «Até logo (arrivederci, ndr), dom Aristides, dai un bacio da parte mia a Consi!». È un saluto carico di affetto quello con cui Raffaele Zoni conclude la sua intensa testimonianza su monsignor Aristide Pirovano, che l’Associazione Amici di Monsignor Aristide Pirovano metterà online integralmente su www.amicimonspirovano.it martedì 22 luglio, nel contesto dell’iniziativa ideata per celebrare i 110 anni dalla nascita del Vescovo missionario erbese (22 febbraio 1915).
Zoni (originario di Gerenzano, oggi residente a Cislago) arrivò a Marituba – la colonia brasiliana dove padre Aristide svolse la sua ultima missione – per la prima volta nel 1985. Ci rimase per soli due mesi, ma in breve si guadagnò la simpatia del Vescovo e tra i due si sviluppò un feeling immediato. Così Zoni tornò in Brasile nel 1987 e si fermò per due anni: grazie alla fiducia che Pirovano riponeva in lui, assunse un ruolo di collegamento e coordinamento tra i diversi volontari laici inviati dall’Ovci (organismo di volontariato internazionale de La Nostra Famiglia). Dal canto suo, l’affetto che provava per padre Aristide era simile a quello per un nonno.
La sua testimonianza riferisce un episodio di vita personale e famigliare. Quando decise di sposare Consi, infermiera brasiliana che era anche catechista in parrocchia, e lo annunciò a padre Aristide, lo sguardo del Vescovo si adombrò. «Ho dei dubbi e non dipende da Consi – gli disse -. Io so quanto lei sia una brava ragazza, conosco la sua famiglia e non ho niente da dire. Ma le vostre due culture, le vostre storie, sono assai diverse e di ciò dovete tenere conto».
Zoni ne rimase mortificato e allora padre Aristide aggiunse che non avrebbe posto ostacoli al matrimonio, celebrato infatti qualche mese dopo. Raffaele e Consi andarono a lavorare nella foresta, in un progetto sanitario a favore degli indigeni: «Incontrammo più volte monsignor Pirovano, che ci trattò sempre con grande affetto, rendendoci costantemente partecipi dei suoi progetti». E anche quando tutti e tre tornarono in Italia, padre Aristide «spesso si intratteneva a casa nostra, raccontandoci della sua vita» con genuinità e semplicità, anche quando rievocava i suoi incontri con i papi Giovanni XXIII e Paolo VI. Erano occasioni di affetto reciproco: «Mia moglie gli preparava pietanze brasiliane, così da matar a saudade, ovvero “uccidere la nostalgia”. E lui le parlava sempre in portoghese, malgrado lei comunicasse fluentemente in italiano», come gesto di cortesia e attenzione.
L’ultimo incontro avvenne alla Casa del Pime di Rancio (Lecco), dove padre Aristide era prostrato dalla malattia che gli sarebbe stata fatale. «Vi devo parlare – disse loro -. Anni addietro esternai la mia preoccupazione, perché temevo che il vostro matrimonio potesse un giorno scricchiolare. Ma mi sbagliavo e ora vi chiedo scusa». Zoni cercò di fermarlo, ma lui proseguì: «Vi do la mia benedizione e vi chiedo di mantenervi così. Vi chiedo che continuiate a testimoniare il vostro amore, perché siete un esempio di bellezza e dovete mostrarlo a tutti».
Dopo la sua morte, tutti gli anni a novembre Raffaele e Consi hanno fatto visita alla sua tomba al Cimitero maggiore di Erba. Raffaele ci è tornato anche nel settembre del 2024, con la figlia e il suo fidanzato. E a padre Aristide ha raccontato che Consi era salita in cielo, stroncata da un infarto mentre pregavano insieme sulla tomba di San Francesco. Ma poi ha pensato: «Ma è inutile che te lo spieghi… Di certo ora stai parlando con lei in portoghese!». Ed ecco quindi il saluto finale: «Até logo, dom Aristides, dai un bacio da parte mia a Consi!».