Ponte Lambro

Studiare medicina in Francia ai tempi del Covid-19, la storia di Matteo

Miryam Colombo 28 Aprile 2020

Attualità, Ponte Lambro

Tag: , , ,

Al centro, Matteo Pelucchi

 

PONTE LAMBRO – Avrebbe dovuto essere un normale periodo di studio all’estero quello vissuto da Matteo Pelucchi, 24 anni di Ponte Lambro, studente al quinto anno della facoltà di Medicina, se non fosse che il Coronavirus ha cambiato le carte sul tavolo facendo sì che il giovane studente si confrontasse da vicino con l’emergenza. Ecco la sua storia.

Studente della Facoltà di Medicina e Chirurgia all’Università Bicocca nella sede di Monza, Matteo Pelucchi ha lasciato l’Italia a ottobre 2019 per frequentare il quinto anno presso l’Università Descartes di Parigi, nell’ambito del Programma Erasmus. Nella sua valigia, tanto entusiasmo e voglia di confrontarsi con una realtà accademica e sanitaria diversa da quella del nostro paese.

La scelta della Francia e di Parigi, in particolare, non è infatti casuale. Come spiegato da Matteo, i tirocini curricolari, presenti in Italia a partire dal terzo anno di studi e in Francia dal quarto, hanno impostazioni diverse nei due paesi: mentre gli studenti italiani vengono inseriti come osservatori nei reparti, i loro omologhi francesi iniziano ad affiancare medici e specializzandi con mansioni semplici svolgendo praticamente ciò che viene insegnato loro nelle aule alternando così, ogni giorno, lezioni teoriche e studio individuale alla pratica clinica.

“I percorsi formativi italiani hanno un’impostazione molto più teorica e incentrata sull’indagine delle cause, mentre qui si predilige un approccio più pratico e gli studenti inseriti nei reparti sono considerati già parte del sistema sanitario, tanto che ricevono una minima retribuzione e eseguono turni di guardia – ha precisato Matteo -. Quando si è trattato di decidere il paese in cui svolgere l’anno di studio all’estero ho chiesto di essere mandato in Francia proprio per avere la possibilità di confrontarmi con modalità diverse di studio e per entrare in contatto diretto con la pratica clinica”.

Una Tour Eiffel senza turisti

 

E così Matteo ha iniziato il proprio percorso di tirocinio all’Ospedale Sainte-Anne, nel 14° arrondissement di Parigi, struttura specializzata in psichiatria e neurologia e diventata presidio della lotta contro il Covid, con il sopraggiungere dell’emergenza.

Ben presto, infatti, anche il reparto di neurologia, dove Matteo sta svolgendo il suo tirocinio, è stato in parte destinato alla cura dei pazienti positivi al Coronavirus: mentre la sezione dedicata alla neurologia generale per le cure programmate in day-hospital o a breve degenza è stata chiusa, la parte di neurologia vascolare, destinata all’assistenza in fase di emergenza di Ictus e Tia (attacco ischemico transitorio, ndr) con postazioni di terapia intensiva, è stata suddivisa tra i pazienti neurologici non Covid e quelli Covid. Gli uni separati rigorosamente dagli altri.

“Le ultime indicazioni della direzione ospedaliera impongono che le stanze doppie siano occupate da un solo paziente, in modo da evitare i contatti – ha spiegato Matteo -. Il rispetto di questa nuova direttiva è stato possibile solo chiudendo il settore di neurologia generale, che ora possiamo usare per pazienti di neurologia vascolare, anche se abbiamo molti meno pazienti neurologici rispetto al solito: come è stato rilevato anche in Italia, purtroppo, gli accessi al Pronto Soccorso per patologie come ictus e infarto si sono ridotti circa della metà per paura del Coronavirus. Questo è in effetti un dato molto preoccupante: neurologici e cardiologici si stanno mobilitando per sensibilizzare la popolazione sull’importanza della presa in carico precoce del paziente per evitare conseguenze irreversibili, sollecitando a chiamare il numero di emergenza anche in caso di sintomi lievi e transitori.”.

Unico collegamento con il mondo esterno per i pazienti in isolamento, i medici e gli specializzandi entrano nel reparto bardati con camici, mascherine e visiere, come ha raccontato Matteo, che in queste settimane ha visto ridurre il proprio orario di tirocinio a due sole mattinate in reparto, durante le quali alterna le visite ai pazienti non contagiati all’assistenza “esterna” al personale sanitario.

“Non ci è permesso entrare nell’ala riservata ai malati Covid – ha spiegato -. Attraverso un telefono i medici che assistono i pazienti comunicano con noi per richiedere l’aggiornamento delle cartelle cliniche o la prenotazione di esami. Agli studenti è stata data la possibilità di scegliere se continuare o meno a frequentare l’ospedale: nonostante qualche preoccupazione iniziale, ho scelto di proseguire per essere d’aiuto e allo stesso tempo per imparare anche da questa circostanza”.

Dopo le prime settimane di emergenza, la situazione negli ospedali francesi e al Sainte-Anne sembrerebbe in miglioramento: “I casi Covid del reparto di neurologia si stanno riducendo nelle ultime settimane – ha precisato Matteo -. Oggi (ieri per chi legge, ndr) se ne contano solo 4, mentre in fase di picco il reparto era pieno con circa venti casi. Riguardo ai pazienti ospedalizzati, la situazione sta effettivamente migliorando molto”.

I primi segnali di miglioramento lasciano, dunque, spazio alla speranza non solo tra i corridoi dei reparti, ma anche all’esterno degli ospedali, nella normale vita di tutti i giorni. Se infatti nelle prime settimane di quarantena, iniziata in Francia il 17 marzo, il clima era quello di paura e preoccupazione, ora la situazione sembrerebbe più distesa.

La metropolitana di Parigi vuota

 

“Vedo molte più persone in giro per la città in questi ultimi giorni, soprattutto negli orari in cui è concesso fare attività fisica all’aperto, anche se è comunque impressionante vedere le strade di Parigi svuotate così come i vagoni della metropolitana – ha raccontato Matteo -. Qualcosa è cambiato nell’atteggiamento dei cittadini dopo le ultime rassicurazioni fatte dal presidente Macron, anche se le misure di quarantena sono state di fatto prolungate fino al prossimo 11 maggio“.

Misure che anche in Francia, paese che al 26 aprile contava 124.114 casi positivi e 22.614 decessi, comprendono la limitazione degli spostamenti e il divieto di assembramento, la chiusura delle scuole e dei luoghi di aggregazione, l’obbligo della distanza di sicurezza, ma non della mascherina.

“Un aspetto sicuramente interessante di come è stata gestita l’emergenza è l’attenzione verso la comunicazione ai cittadini – ha spiegato Matteo -. In diverse occasioni, esperti e rappresentanti del Governo hanno trasmesso sulle reti nazionali aggiornamenti riguardanti la situazione accompagnandoli con spiegazioni semplici e immediate di grafici, fenomeni e informazioni rendendoli quindi comprensibili a tutti”.

L’Arco di Trionfo

 

“Nel paese l’attenzione è ovviamente ancora alta – ha aggiunto -. L’11 maggio con l’allentamento delle misure, dovrebbe esserci una riapertura progressiva delle attività e delle scuole, tenendo anche conto delle diverse situazioni che rimangono tra regione e regione. Come hanno più volte sottolineato le autorità, il grande timore è che si possano fare passi indietro”.

Ora, quindi, non resta che guardare al futuro: “Concluderò qui l’anno accademico frequentando l’ultimo trimestre e sostenendo gli esami – ha chiosato Matteo -. Poi dovrò affrontare il sesto anno prima della laurea. Non so ancora cosa vorrò fare con precisione dopo, ma sicuramente questa esperienza mi è servita per capire qualcosa in più di me e di ciò a cui vorrei aspirare”.