Merone

Come viene depurata l’acqua? ‘Viaggio’ nel nuovo impianto di Merone

Miryam Colombo 29 Ottobre 2019

Attualità, Merone

Una vista dell’impianto di depurazione di Merone

 

MERONE – Un impianto di depurazione più efficiente e rispettoso dei limiti imposti dalla normativa: questo l’obiettivo alla base degli imponenti interventi di adeguamento e sviluppo a cui è stato sottoposto negli ultimi tre anni il depuratore di Merone. Circa 8 milioni di euro il valore complessivo delle opere.

Migliorie necessarie se non indispensabili per un impianto che serve 39 comuni, di cui 25 nel comasco e 14 nel lecchese, per un totale di circa 80 utenze industriali, 120 mila abitanti equivalenti e 89 mila abitanti per le utenze domestiche. 1850 m3/h la portata media delle acque in ingresso.

L’ingegner Luigi Longhi

“Nel tempo la normativa riguardante la depurazione delle acque si è modificata soprattutto in relazione ai danni che le acque reflue possono causare ai corpi idrici ricettori – ha spiegato l’ingegner Luigi Longhi, Responsabile Area Gestione di Como Acqua – A fine degli anni ’70 la normativa nazionale introdusse i limiti allo scarico finalizzati prevalentemente a ridurre la presenza del carbonio nelle acque reflue, mentre nel 2006 Regione Lombardia, in attuazione di una Direttiva Europea, ha emesso nuovi limiti che hanno richiesto un affinamento finale e la rimozione spinta di azoto e fosforo per lo scarico delle acque in aree sensibili al fenomeno di eutrofizzazione”.

Per rispondere a queste necessità, Asil – ora Como Acqua – come ente gestore dell’impianto, aveva avviato un processo che intervenisse sulle criticità nelle diverse fasi del trattamento per risolvere il problema. Da qui le modifiche sostanziali applicate sull’impianto di Merone sia nella linea di trattamento delle acque sia in quella dei fanghi, ovvero la materia solida rimossa dall’acqua depurata.

Gli interventi alla linea delle acque

La nuova stazione di sollevamento

 

La prima modifica apportata riguarda la creazione di una nuova stazione di sollevamento: dopo aver attraversato un sistema di grigliatura per trattenere il materiale di grosse dimensioni (come stracci, legno, sassi e altro) le acque reflue vengono immesse in stazioni di sollevamento che innalzano i liquami così che possano attraversare in successione i restanti trattamenti procedendo per caduta naturale. Per diminuire l’emissione di odori, i nuovi manufatti sono stati chiusi con apposite coperture.

Le vasche di denitrificazione

 

Passato attraverso i processi di grigliatura fine, di dissabbiatura e disoleatura, per la separazione delle sabbie fini e degli oli, e di sedimentazione primaria nelle vasche di decantazione (dotate di dispositivi di biofiltrazione per l’assorbimento degli odori), il liquame diluito arriva alla fase di denitrificazione in cui i batteri utilizzano carbonio organico biodegradabile per ridurre i nitrati ad azoto che si libera nell’atmosfera. L’acqua poi viene inviata alle vasche di ossidazione biologica e nitrificazione dove delle spazzole rotanti favoriscono l’immissione di ossigeno per le successive reazioni biochimiche.

Il solo processo biologico non è tuttavia sufficiente per garantire il rispetto dei limiti di legge per il fosforo: per ovviare al problema ed eliminare quindi questo componente, è stato installato un sistema di dosaggio di sali di alluminio, ottimizzato nell’ultima tranche di interventi grazie a un analizzatore di fosforo in continuo posizionato in uscita.

A questo punto, l’acqua depurata da azoto e fosforo (come previsto dalla normativa regionale citata) è pronta per la sedimentazione secondaria in tre bacini circolari del diametro di 36 metri. Su questi sistemi sono stati recentemente installati nuovi dispositivi quali pompe, misuratori di portata e condotte di scarico e realizzato un nuovo serbatoio per la raccolta delle schiume.

Vasche di post-denitrificazione con processo MBBR

 

A chiudere, prima della disinfezione finale, è il processo di post-denitrificazione con processo MBBR (Moving Bed Biofilm Reactor) introdotto con gli ultimi interventi effettuati: circa la metà dell’acqua già depurata viene fatta passare in una vasca in cui viene dosata della sostanza organica per una depurazione ulteriore delle acque. Queste ultime vengono miscelate alla parte rimanente e addotte alla disinfezione finale.

Processo di disinfezione mediante lampade UV

 

Le ultime opere effettuate all’impianto hanno permesso la realizzazione di una nuova sezione in cui l’acqua raccolta in apposite vasche viene ulteriormente filtrata su tela prima di subire un processo di disinfezione mediante lampade UV che distruggono le cellule batteriche.

Gli interventi alla linea dei fanghi

I fanghi, ovvero la materia solida rimossa dall’acqua depurata, seguono un processo a se stante che partendo dalla raccolta dai sedimentatori procede con l’estrazione dei fanghi pre-ispessiti, la loro digestione e il post ispessimento fino alla disidratazione meccanica e all’essiccamento.

Inoltre, il biogas ottenuto dai processi a cui sono sottoposti i fanghi viene stoccato in un gasometro e utilizzato nelle ore diurne per alimentare la caldaia del forno di essiccamento dei fanghi. La materia che fuoriesce da quest’ultima fase presenta solo il 10% di acqua e viene inviata ai cementifici dove viene utilizzata come combustibile. La restante parte dei fanghi, invece, secca solo per il 25%, viene impiegata in agricoltura come fertilizzante.

Con gli ultimi interventi effettuati tra il 2016 e il 2019 sono state introdotte importanti innovazioni anche nella linea di trattamento dei fanghi. Tra queste, un sistema per la grigliatura dei fanghi primari, un ispessitore dinamico che permette di raggiungere il 5-6% di secco nella materia compattata e una nuova rete di raccolta. 

Vera e propria innovazione introdotta è poi l’impianto di depurazione sequenziale che consente di sviluppare l’intero ciclo operativo di depurazione (equalizzazione, ossigenazione, denitrificazione e sedimentazione) all’interno di un’unica vasca. Questi processi vengono condotti in tempi diversi, variando ciclicamente le condizioni di funzionamento dell’impianto. “Di fatto, con l’installazione di questo sistema nel nostro impianto di depurazione troviamo tutte le tecnologie e i sistemi attualmente disponibili per la depurazione dell’acqua attraverso biomassa”, ha spiegato l’ingegner Longhi.

Gli investimenti effettuati hanno avuto un valore complessivo di 8 milioni di euro, di cui 7 milioni destinati all’adeguamento e all’efficientamento dell’impianto di Merone e 1 milione di euro per la gestione delle acque a monte del depuratore: l’acqua che arriva al depuratore, raccolta da una serie di collettori consortili, è infatti costituita sia dai liquami di scarico che dall’acqua piovana. Lungo il tragitto sono stati predisposti diversi scolmatori di piena ovvero vasche in cui, in caso di piogge abbondanti, viene raccolta l’acqua che non riesce ad essere accettata dal depuratore: quest’ultima grazie agli investimenti effettuati dal Parco Regionale Valle Lambro con il contributo di regione Lombardia viene ora trattata mediante fitodepurazione prima di essere scaricata a fiume in modo da ridurre ulteriormente l’impatto ambientale.

Gli interventi effettuati negli ultimi tre anni stanno restituendo un impianto più efficiente e funzionale, ma la sfida non può certo dirsi conclusa: “Presso l’impianto di Merone, stiamo affrontando il problema degli odori cercando di applicare tutte le tecnologie disponibili nel settore – ha concluso l’ingegner Longhi – Attualmente è in corso uno studio per sfruttare la temperatura delle acque al momento dello scarico attraverso una pompa di calore. Per quanto riguarda il futuro, invece, stiamo raccogliendo la grande sfida dei microinquinanti ovvero di tutte quelle sostanze, presenti nei farmaci, nei cosmetici o nei prodotti per trattare i tessuti, per i quali fino ad oggi non sono presenti specifici sistemi di depurazione. C’è ancora molto da fare, ma sicuramente questi cambiamenti sono stati un passo davvero importante”.