Lurago d'Erba

Da Lurago al Teatro Regio di Torino, la storia di Marta Fumagalli

Caterina Franci 28 Marzo 2018

Attualità, Lurago d'Erba

Marta Fumagalli (copyright CLIO)

 

LURAGO D’ERBA – Una passione per la musica e il canto intensa, che l’ha portata dopo anni di studio e sacrifici a calcare il palcoscenico del famoso Teatro Regio di Torino: è la storia di Marta Fumagalli, luraghese e mezzosoprano che abbiamo intervistato in occasione del suo debutto nel mondo del teatro dell’opera.

L’esordio è avvenuto la sera del 13 marzo scorso, a Torino: Marta, 38 anni, è salita sul palco impersonando il ruolo del terzo pastore nell’Orfeo di Monteverdi, diretto dal Maestro Antonio Florio con regia di Alessio Pizzech. Lo spettacolo era stato trasmesso in diretta su Radio Rai 3 e il prossimo 3 maggio per gli appassionati ci sarà la possibilità di rivederlo su Rai5.

Dopo il debutto abbiamo contattato Marta, per chiederle di raccontarci la sua storia. Ne è nata quest’intervista che proponiamo di seguito.

Partiamo da te: sei nata e cresciuta a Lurago, vivi ancora nel tuo paese di origine o ti sei spostata per lavoro?
Abito tutt’oggi a Lurago d’Erba, con mio marito e i miei amatissimi gatti norvegesi. Ne ho quattro!

Come ti è nata la passione per il canto e la recitazione: figlia d’arte o talento innato?
La passione per il canto è nata tardi, quella della musica, al contrario, molto presto.
Non provengo da una famiglia di musicisti, anzi: il responsabile della mia educazione musicale è stato un vecchio e dimenticato pianoforte verticale, in casa dei nonni materni, che aveva attratto la mia curiosità fin da piccolissima. Intorno ai 7 anni, ho intrapreso privatamente lo studio del pianoforte, proseguito fino agli ultimi anni del liceo, senza però nessun tentativo di ammissione al Conservatorio.

E come hai scoperto il canto?
Fu l’esperienza nel coro parrocchiale a farmi scoprire il mondo della voce: avevo appena iniziato l’Università (sono laureata in Lettere Moderne) e, su suggerimento dell’allora direttore del coro, Luigi Pozzi, cui sarò sempre grata per questa fortunata intuizione, decisi di prendere le mie prime lezioni di canto. Fino ad allora, non avevo alcuna idea di cosa significasse precisamente studiare canto! La consapevolezza della fisiologia vocale arrivò solo in un secondo momento: tra vicissitudini alterne, a poco a poco cominciai a decodificare meccanismi che attivavo inconsapevolmente, grazie ad una natura favorevole. Un processo di maturazione e di lavoro su di sé che dura ancora oggi e che, credo, non si esaurirà mai del tutto.

Quando hai iniziato il Conservatorio? Come ti sei trovata?
Fui ammessa al Corso di Canto in Conservatorio a Como nel 2003, unica italiana e nemmeno giovanissima (avevo 24 anni). L’età è una discriminante molto importante per accedere ad opportunità di concorso e audizione per cantanti emergenti, ma questo lo scoprii solo più tardi. L’ammissione mi disorientò, lo ammetto: non me l’aspettavo. Avevo in corso, contemporaneamente, la stesura della tesi di laurea e uno stage presso un’agenzia di lavoro interinale: a ciò, si aggiunse l’inizio dei corsi al Conservatorio, che cercavo assolutamente di non perdere. Il primo anno fu complicato incastrare tutto. Una volta laureata e terminato lo stage, mi volli dedicare a tempo pieno alla musica: non avevo le idee chiare circa il mio futuro, ma avevo la consapevolezza che l’occasione che mi era stata concessa fosse unica. E perciò, decisi di buttarmici a capofitto, per non rischiare rimpianti. Il percorso dello studio del canto, in Conservatorio, è tradizionalmente d’impronta lirica, e il repertorio che si tende a privilegiare è quello delle grandi opere. Per me, che non sono una grande appassionata dell’800 (lo confesso!), fu complicato trovare la ‘strada’ giusta: ma ci pensò la musica ad indicarmela.

Qual è la cosa che ti piace più cantare?
Fu grazie ad una delle prime lezioni di Canto Corale che rimasi folgorata dal barocco, grazie a Vivaldi. Nell’istante in cui ascoltai e quindi cantai per la prima volta la sua musica, la passione si accese e mi rese consapevole di me: la mia voce (di mezzosoprano, piuttosto scuro, che aveva passato anni a soffrire su repertori da soprano!) finalmente, e forse per la prima volta, si sentiva davvero ‘a casa’. Era come se avesse trovato un rifugio accogliente in cui potersi esprimere senza sforzo, con la naturalezza e la libertà di attingere ad un’infinita tavolozza di sfumature di colore e di emozione. Avevo trovato la mia dimensione vocale. Che è quella attuale, professionale.

Al termine dell’Orfeo di Monteverdi, al Teatro Regio di Torino dove Marta ha debuttato lo scorso 13 marzo

 

A inizio marzo fa il debutto al Teatro Regio di Torino: che percorso hai fatto per arrivare a quest’esordio? E com’è stato calcare il palco del Regio?
Il debutto sul palcoscenico del Regio, nel piccolo ruolo di uno dei pastori dell’ Orfeo di Monteverdi diretto da Antonio Florio, è stato, contemporaneamente, il debutto nel mondo del teatro d’opera: finora, infatti, mi è sempre capitato di cantare come solista in grandi sale da concerto, in Italia come all’estero, e anche in grandi teatri, ma mai nell’ambito di un allestimento teatrale vero e proprio, quindi con regia, costumi e scenografia. La prima, andata in scena martedì 13 marzo, è stata trasmessa in diretta su Radio 3 Rai e, per chi avesse la curiosità di vedere il nostro lavoro, ricordo che verrà  trasmessa anche su Rai5 giovedì 3 maggio, alle ore 21.15. E’ stata un’esperienza decisamente elettrizzante, a tratti faticosa, ma sempre ripagata dalla straordinaria bellezza della musica e dalla meraviglia di poter lavorare a fianco di colleghi affermati e generosi, da cui attingere in continuazione stimoli per lavorare su di me. E’ doveroso che io ringrazi la persona che ha voluto che prendessi parte a questa avventura, il Maestro Florio, con cui ho la fortuna di collaborare da un paio di anni e grazie a cui sto facendo esperienze professionali di straordinaria importanza.

Come vedi il tuo futuro? Ovvero, dove ti vedi arrivare, che aspirazioni hai? Secondo te si può vivere di musica e teatro? 
Il mio futuro contempla assolutamente la musica, non potrei immaginarmi senza: è un balsamo portentoso, per il cuore e per la mente. Certo, essere riuscita a trasformare la passione per il canto in un lavoro (perché può divenire tale, e mi sento di ribadirlo con decisione ai tanti che ancora credono che la musica – e quindi la cultura più in generale – sia solo un piacevole passatempo!) è una fortuna, ma comporta anche una serie di rischi: tra i tanti, citerei soprattutto la precarietà, non solo economica, e, cosa forse meno immediata ma decisamente più temibile per gli animi più sensibili, l’esposizione costante al giudizio altrui. Ma non cambierei quello che faccio con null’altro al mondo.

La cosa che più ami di quest’arte.
Ce ne sono tante, difficile scegliere. Forse, sintetizzando, il rapporto con il pubblico. Detta così, potrebbe sembrare una considerazione narcisistica, ma non vuole esserlo, tutt’altro. Cerco di spiegarmi. Per quel che mi riguarda, il vero protagonista di un’esecuzione musicale è l’ascoltatore: se non ci fossero delle orecchie disponibili all’ascolto, il lavoro di noi musicisti non avrebbe senso di esistere. Credo che la vera sfida, di tutte le arti, sia la catarsi: io canto sempre sperando di riuscire ad aprire un varco, di far intravedere, anche solo per qualche istante, la possibilità di un Altrove. Anche a me stessa.

Qualche aneddoto sul tuo percorso?
Ricordo uno dei primissimi concerti della mia giovane carriera: ero stata contattata per un concerto di arie barocche che si sarebbe dovuto tenere l’antivigilia di Natale nella Chiesa del Sacro Monte del Lago d’Orta. Ebbene, nevicò parecchio, nei giorni precedenti, ma il concerto non fu sospeso. Arrivammo a fatica a destinazione, salimmo la scalinata innevata verso la chiesa e ci sistemammo in chiesa. Alle 21, ora di inizio del concerto, in Chiesa c’erano il parroco, sua sorella, la perpetua e mio marito! Decidemmo comunque di suonare, per gratitudine e professionalità, e al termine festeggiammo in compagnia il Natale con panettone e spumante, prima di riprendere di nuovo la strada verso casa. Ancora oggi, quel concerto detiene saldamente il primato negativo assoluto di pubblico presente in sala! Un disastro!

Per informazioni su Marta Fumagalli ecco i suoi canali e contatti social: