Lettera di una maestra agli alunni: “La bellezza esiste ancora”

Caterina Franci 4 Dicembre 2020

Lettere

ERBA – Riceviamo e pubblichiamo:

Sono una giovane maestra ventitreenne di scuola primaria che l’anno scorso ha avuto la sua prima supplenza tra i banchi. Essa è purtroppo coincisa con l’emergenza più grave e acuta che la scuola abbia mai attraversato nel corso della propria storia. Prima esperienza, prime gioie, primi dolori, prima pandemia e primo lockdown. Un anno di prime volte insomma. È un buco nero quel periodo, un vortice di emozioni alle quali difficilmente anche a distanza di mesi riesco a dare un nome.

Ma non voglio raccontare di quello. Voglio scrivere di quello che è rimasto oggi. Perché tutti parlano della crisi, del disastro, di picchi, grafici, numeri, contagi… ma nessuno racconta cosa resta dopo. Dopo che la tempesta pare diradarsi per lasciare lo spazio ad un timido e pallido sole.

Contro ogni pronostico a scuola siamo tornati davvero. Con le pareti spoglie, con i banchi separati dalla distanza di sicurezza, con i gel igienizzanti al posto delle gite, con le mascherine al posto dei sorrisi sdentati che sanno così tanto di rivoluzione e di vita.

E scusate se noi insegnanti siamo diventati dei carabinieri. Se non vi facciamo più giocare come prima. Scusate se non possiamo più avvicinarci ai vostri banchi. Scusate se vi proibiamo di condividere le figurine, i giochi e i libri, quando vi abbiamo sempre insegnato a farlo. Se non possiamo più abbracciarvi, se non possiamo più consolarvi. Scusate se non possiamo più sorridervi, ma dobbiamo strizzare forte gli occhi per farvi capire che state facendo bene. Che siamo fiere di voi. Che in fondo sapete adattarvi ai cambiamenti meglio di noi.

Scusate per il mondo che vi stiamo consegnando, scusate se vi abituiamo a sentire brutte notizie e se ormai abbiamo perso le speranze. Se a volte siamo di cattivo umore per quello che leggiamo, sentiamo e viviamo nel mondo dei grandi, che lo sono ormai solo di nome. Scusate per le continue liti sull’apertura o meno delle scuole che dovrebbero essere un diritto, perché oltre al virus altre cose importanti da combattere sono l’omologazione e la sottomissione. Così come l’omofobia, l’odio, la violenza, lo sciacallaggio, l’ignoranza, la povertà, l’intolleranza, la disuguaglianza… Scusate se ormai siete diventati mere classi messe in quarantena, gradi di febbre da misurare all’ingresso, numero massimo di persone a cui è consentito stare nella stessa stanza. Scusate se vi abbiamo appiccicato per terra dei bollini segnaposto e poi siamo i primi ad ammassarci nelle piazze. Scusate se vi obblighiamo a mangiare al banco e poi pestiamo i piedi per un aperitivo negato. Scusate se non possiamo più portarvi in gita ma nei weekend facciamo a gara a chi va più lontano a creare traffico. Scusate se parliamo di voi come un problema, come un qualcosa da sistemare, anziché come un’incredibile risorsa da coltivare. Scusate se siamo tristi, amareggiati, scontrosi e persi. Scusate se non siamo più modelli da seguire, ma gusci vuoti alla perenne ricerca del senso di tutto questo. Scusate se non vi porgiamo più la mano ma ve la disinfettiamo. Scusate se non ci appelliamo più all’unità e alla collaborazione, ma vi ricordiamo sempre che più lontani state e meglio starete. Scusate se siamo rassegnati, vittime di un sistema che invece che darci sicurezze ce le toglie sempre più. Scusate se vi abbiamo escluso da tutto, sebbene siate l’unica forza in grado di risollevarci, facendoci però abbassare la testa, le ginocchia e il cuore, per metterci alla vostra altezza.

Vi abbiamo coperto la bocca ma non gli occhi. Vi giuro che la bellezza e la meraviglia esistono ancora, ma questo Natale dovrete essere voi ad aiutarci a ritrovarle.

Ilaria Iannuzzi,
una maestra col cuore in quarantena