Erba

I Bej di Erba: dal 1927 custodi delle tradizioni contadine brianzole

Gloria Valli 17 Febbraio 2025

Cultura, Erba

Tag: , ,

Passione e rispetto per le tradizioni: questo è il segreto della longevità dei Bej di Erba

Molinari: “Per me entrare nei Bej era un sogno, vorrei che i giovani avessero lo stesso  entusiasmo”

ERBA – Sono ormai pochi i gruppi folkloristici che nell’erbese portano avanti con grande passione le antiche tradizioni, questi sono contraddistinti dall’immancabile firlinfeu (flauto di pan), costumi tipici del 1600-1700, canti e balli di tradizione contadina. Il più longevo di questi è sicuramente il gruppo dei Bej di Erba che esistono dal lontano 1927 e di cui Angelo Molinari ne è il presidente.

Angelo Molinari è l’anima dei Bej di Erba

“I Bej esistono dal 1927 – spiega Molinari – e io ne sono presidente da quando avevo 18 anni, quindi oramai son passati ben 60 anni. Sono entrato in carica sostituendo il primo presidente che si chiamava Giulio Beretta. Il gruppo, attualmente, è composto da 42 persone includendo alcuni giovani che sono i figli dei componenti però, sono molto pochi rispetto a prima. Purtroppo non ci sono più  giovani che vogliono portare avanti un impegno del genere. Anche se ci sono stati ragazzi che sono usciti e poi rientranti da adulti. In passato eravamo circa settanta e dovevo fare due pullman per uscire. Poi nell’87 una parte del gruppo è andata a formare i Brianzoli di Ponte Lambro”.

Attrarre i giovani per avere un ricambio generazionale è difficile, ma alcune opportunità ci sono state, chiarisce Molinari: “Per esempio qualche anno fa eravamo andati, per un anno intero, alle elementari Cesare Battisti a insegnare a due classi quinte i balli e canti tradizionali. Gli avevamo fatto i costumi e avevano vinto il concorso provinciale delle scuole. Poi andammo al Sociale a Como per fare uno spettacolo assieme a loro. I bambini erano rimasti contenti, speriamo che qualcuno di loro possa unirsi a noi in memoria di quella bella esperienza”.

Per Angelo, invece, entrare nei Bej era un sogno: “Ai tempio io ero un tipo facilmente distraibile e mia mamma mi diceva che prima di entrare nei Bej avrei dovuto prendere il diploma. Così il giorno dopo che diplomai che era un giovedì, mi iscrissi subito al gruppo il venerdì. Era un sogno anche perchè mia mamma mi aveva inculcato quella passione. Per esempio la notte di Natale, a mezzanotte il gruppo arrivava a suonare la piva in contrada, come facciamo anche adesso, e piccolino mi mandavano a letto presto perché sennò Gesù Bambino non arrivava. A mezzanotte, però, mia mamma mi veniva a prendere e in braccio mi portava ad ascoltarli ed io ne ero entusiasta”. 

Molinari ha dovuto anche conciliare nel corso della sua vita due rilevanti ruoli quali il direttore di banca e la carica di presidente del gruppo folkloristico: “Facevo il direttore di banca, però io li dentro impazzivo. Ero come una bottiglia di spumante che a lavorare in banca era chiusa dentro e non usciva, mentre coi Bej mi stappavo. Ho lavorato sempre qui ad Erba, a parte 18 mesi ad Albavilla dove ho fatto il vice direttore. Finita la settimana di lavoro il sabato e domenica andavo via a suonare e così anche durante le ferie estive facevamo le trasferte all’estero. Insomma, la mia vita era la banca e i Bej, la formalità da una parte e la passione dall’altra”.

A dirigere la parte artistica dei Bej che si ritrovano una volta a settimana per provare canti e balli è Enrico Pina, figlio del maestro di musica Giuseppe Pina. In questo momento, però, il gruppo non sta facendo le prove nella propria sede storica in Villa Ceriani in via Ugo Foscolo perchè ci sono in corso dei lavori di ristrutturazione, bensì in via Cascina California all’ex sede della Techné grazie alla generosità di Alberto Croci che ha concesso l’uso degli spazi ai Bej.

Molinari sottolinea il fatto che sarà molto importante per il gruppo tornare in Villa Ceriani perchè: “Abbiamo un archivio di quasi cent’anni composto da video, documenti e riconoscimenti molto ampio. Poi, nella nostra sede tenevamo dei corsi di firlinfeu e se dei giovani erano interessati potevano parteciparvi anche senza entrare per forza nei Bej”.

“Ma soprattutto siamo trepidanti di rientrare perché quando lo faremo la mia intenzione è metterci d’accordo con il museo civico per far diventare la nostra sede una parte del museo focalizzato sulle tradizioni locali. Avviare, così, una sorta di museo della tradizione contadina aperto al pubblico. Aspettiamo il 2027 che è sarà il nostro centenario che festeggeremo regalando alla Erba un museo delle tradizioni brianzole erbesi”.

Andando nel dettaglio degli spettacoli che vengono fatti, il presidente spiega che: “L’orchestra è solitamente composta da 25 componenti e proponiamo un vasto repertorio dal classico inno nazionale alla mazurca degli ombrelli, oltre che tante canzoni tipiche. Poi, non devono mai mancare i costumi storici che sono quelli di Renzo e Lucia nei Promessi Sposi. Il primo abito l’abbiamo fatto fare da Luigi Sapelli, detto Caramba, che era il costumista della scala di Milano. Per fare quei primi costumi, i nostri anziani, i fondatori erano andati al museo Manzoniano per avere le specifiche giuste. Così anche per la raggiera che era stata fatta l’argenteria Guanziroli di Alzate Brianza”. 

“Non ci sono più tanti spettacoli come una volta, purtroppo ci sono sempre meno soldi e forse meno interesse per la tradizione in sé. All’estero, invece, ci sono diversi Festival internazionali del folklore. Ora, siamo in contatto con quelli che si tengono a Madeira in Portogallo, Pirot in Serbia, Agrinio in Grecia a cui propongo il gruppo. In Italia ci sono delle possibilità in Liguria, Piemonte, Veneto e Lombardia. Ci diamo da fare perchè vogliamo suonare. Sabato scorso c’è stato un bell’evento presso Noivoiloro insieme ad altri gruppi locali ‘I Brianzoli‘ di Ponte Lambro e ‘I Contadini della Brianza‘ di Albavilla. Vedremo se anche in futuro ci saranno altre opportunità a cui partecipare insieme”. 

Invece, ad Erba si teneva l’Eurofolk che faceva arrivare in città gruppi folkloristici da ogni parte del mondo ed era anche fruttuoso per le casse cittadine e lo gestivano proprio i Bej: “L’avevo inventato dal momento che andavamo noi a tutti gli altri festival in giro per l’Europa, diverse volte all’anno, allora ho voluto fare anch’io il festival qui. Abbiamo iniziato nel 1975 e ci sono state 14 edizioni fino al ’99. Avevamo qui più 600 persone che alloggiavano negli hotel cittadini per una settimana, poi noi andavamo in giro noi ad attaccare i manifesti”. 

“Sarebbe bello riproporlo ma una manifestazione del genere, forse, questo non è il momento nel senso di spedere tanti soldi per portare qui gente. Poi, adesso ci sono gruppi che stanno insieme col fil di ferro, per affrontare un festival bisogna esser preparati per poter portare avanti il buon nome del folklore. Siamo una razza in estinzione insomma”. 

L’obiettivo dei Bej è, infatti, quello di portare avanti le tradizioni con la massima fedeltà alla storia locale, e per Molinari è una vera e propria missione: “La tradizione è la mia vita e ce l’ho dentro. Quando c’è fuoco acceso è bello vederlo, quando comincia a esserci la cenere meno, noi siamo la brasca ancora viva sotto la cenere però anche la brasca bisogna tenerla accesa affinché resti lì  in attesa di ravvivarsi. Poi, anche il pubblico è cambiato così come il modo di partecipare a uno spettacolo e di vivere la piazza e la comunità”. 


Infine, il presidente ricorda alcuni dei momenti rimasti nel cuore del gruppo folkroristico erbese: “Ogni anno è stato particolare nelle sua specificità perché ogni evento ti offre qualcosa di completamente diverso. Ricordo con molto entusiasmo quando siamo andati a Mosca e abbiamo fatto lo spettacolo in Piazza Rossa o quando siamo andati in Cina. Ma una delle tappe che ricordo con più affetto è quella nei paesi baltici dove siamo andati dopo la caduta del muro di Berlino. Lì abbiamo trovato la stessa passione che ardeva dentro di noi anche nelle persone di culture molto lontane da noi ed è stato davvero emozionante”.

GALLERIA FOTOGRAFICA