Lecco, serata con l’alpinista Marcin Yeti Tomaszewski

Caterina Franci 18 Ottobre 2017

Attualità, Fuori provincia

Luca Calvi con Silesia Rozycka e Marcin Tomaszewski

 

LECCO – Se la serata Gamma con ospite il fortissimo alpinista polacco Marcin Tomaszewski, uomo Camp, è stata speciale, per il protagonista speciale lo è stata non una, non due, ma ben tre volte.

Ieri sera infatti, martedì 17 ottobre, Marcin ha festeggiato il suo 42 compleanno (nato a Stettino il 17/10/1975), e per la prima volta ha potuto vivere una sua serata in compagnia della splendida moglie Silesia Rozycka, di professione attrice e cantante molto conosciuta in Polonia. Terzo, come lui stesso ha dichiarato: “Ho coronato un altro mio sogno, presentare una serata davanti a questo pubblico, nella città che ritengo essere l’Università dell’Alpinismo nel mondo”.

Papà di tre figli, di 3, 8 e 14 anni, Marci Tomaszewski, soprannominato Yeti per il suo carattere introverso, timido e schivo, ha messo per la prima volta piede a Lecco, anche se la storia alpinistica della nostra città gli è ben nota: “Non sono mai stato qui, ma conosco molto degli alpinisti lecchesi: quelli della mia generazione sono cresciuti guardando a personaggi del calibro di Riccardo Cassin e Casimiro Ferrari“.

Al pubblico lecchese del Palladium (grazie alla traduzione di Luca Calvi), Tomaszewski ha raccontato la sua storia. Una storia fatta di sogni, di creatività, di curiosità, che l’ha portato ad essere punta di diamante dell’alpinismo polacco (oltre che degno erede della sua tradizione). E che, paradossalmente, comincia vicino al mare.

 

Marcin Tomaszewski nasce infatti a Stettino, nella Pomerania (Polonia nord-occidentale), città che si affaccia sul fiume Oder. Lontano dunque dalle montagne che però fin da piccolo lo attraggono: “Non mi sono innamorato della montagna per il desiderio, ma piuttosto per la mancanza di qualcosa, e per autodistruzione” ha esordito. “Non ho avuto un’infanzia agiata, tutt’altro, ma i sogni non sono mai mancati. Ed è grazie a questi sogni che è iniziato il mio percorso, molto lungo, verso la montagna. Cercavo una strada che mi conducesse non verso le montagne, ma in vetta ad esse. Come tutti avevo la paura del vuoto e delle altezze, ma i miei sogni mi hanno portato oltre. Questa è una prima importantissima cosa che vorrei fare capire a chi fa alpinismo: conta il fisico, certo, conta anche la testa, ma conta tantissimo anche il cuore, e la capacità di sognare. La voce dei sogni e la voce del cuore vanno sempre ascoltate, solo questo ti fa capire quando la voce non ha senso”.

I primi approcci con l’arrampicata per Marcin avvengono sulle montagne di casa, lontane svariate chilometri da Stettino. “Per me era un modo per uscire dai problemi, dalle difficoltà di casa. Al contempo sapevo di essermi cercato un altro nemico, il più forte”. Nonostante le difficoltà economiche Tomaszewski con sacrificio e dedizione riesce a stare in montagna a scalare per un intero anno. Così pian piano maturano i grandi sogni che lo hanno portato ad essere uno dei più forti alpinisti al mondo.

Tre le imprese riassunte con tanto di foto e video, l’apertura nel 2012 della via Superbalance (VII, A4, M7+) sulla Polar Sun Spire a Baffin, Canada, nel 2013 Bushido (VII-A4, VII+) sulla Great Trango Tower in Pakistan e nell’inverno 2015, Katarsis (A4, M7) sulla parete nord del Trollveggen in Norvegia.

Successi che lo Yeti ha conquistato, non senza fatica (“ma noi polacchi sappiamo soffrire e sopportare bene, è un nostro dono”, ndr), insieme al prezioso compagno di cordata Marek Raganowicz: “Marek è stata la mia fortuna – ha detto più volte l’alpinista poalcco – ci siamo conosciuti per caso e parlando è saltato fuori che entrambi eravamo di Stettino, abitavamo a pochi metri di distanza. Con lui ho condiviso sogni e progettato queste salite, il successo è arrivato solo perchè eravamo sempre in sintonia, anche quando le cose si mettevano male”.

Una buona sintonia si è instaurata anche con il giovane fuoriclasse inglese Tom Ballard, con il quale Tomaszewski lo scorso 2016 ha aperto la via Titanic (A3, M5, 6b), sulla nord Eiger. “In Tom vedo tanto del Marcin di quell’età, timido, introverso. Ma è una persona molto onesta, e anche simpatica, con lui mi sono trovato bene”. I due tra febbraio e marzo andranno – almeno questi sono i programmi – in Patagonia, nel mirino il mitico Cerro Torre sul quale vorrebbero aprire una nuova via. Cerro Torre che il polacco ha già conquistato due volte, la prima nel  2005 salendo lungo la via del Compressore e la seconda nel 2012 lungo la via Casimiro Ferrari ritenuta da Marcin la migliore.

Nessun Ottomila in programma: “So di avere problemi fisici sopra una certa quota, quindi non mi cimenterò mai in una spedizione simile. E poi, preferisco altre cose, da un lato, se vogliamo, anche meno rischiose”.

Marito e padre di tre figli l’alpinista ha infatti confessato il suo smisurato amore per la famiglia, oltre che per la montagna, che lo ha portato negli anni a calibrare il tiro delle sue imprese, riducendo il rischio: “Quando porto a termine la scalata non vedo l’ora di tornare a casa per abbracciare la mia famiglia. Agli alpinisti padri vorrei dire due cose, la prima di insegnare ai propri figli che raggiungere i propri sogni è possibile, anche rinunciando alcune volte. La seconda, che non vi vedano come eroi, ma come padri che tornano a casa”.

Da tempo Marcin si è cimentato nella scrittura di fiabe per bambini, in cui cerca di insegnare in parole semplici il significato dell’andare in montagna. Oltre ai libri si è dedicato alla realizzazione di bigiotteria con pezzi di materiale utilizzato durante le sue imprese. Non contento, si è persino messo a disegnare capi di abbigliamento per arrampicata e alpinismo per una marca outdoor polacca: “Non sono un classico scalatore, me ne rendo conto – ha concluso – non sono uno di quelli che ragiona solo sulla tecnica. Io vivo con la testa, e con il cuore. Ho iniziato a scalare per ragioni autodistruttive scoprendo poi di poter trasformare questa attività in vita e gioia”.

La storia dell’alpinista è contenuta nel libro “Yeti40”. Tradotto in italiano da Luca Calvi è intitolato “I miei primi 40 anni in verticale”.