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Incendi boschivi: poca prevenzione, tanti danni e costi ingenti

Caterina Franci 10 Gennaio 2017

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Il monte Bollettone in fiamme, lo scorso 28 dicembre

 

ERBA – Un mese e mezzo senza precipitazioni nella stagione che per il rischio di incendi boschivi in Lombardia è al “clou”. Nonostante l’assenza di acqua e neve non è tuttavia questa l’unica causa dei diversi incendi che, tra dicembre e l’inizio 2017 hanno interessato i boschi del Triangolo Lariano (e non solo, vedi nel lecchese il recente vasto incendio che ha devastato il monte Due Mani).

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Stefano Casartelli

Ad aiutarci a fare chiarezza sulla situazione è Stefano Casartelli, coordinatore dei volontari dell’antincendio boschivo del Triangolo Lariano, recentemente impegnati insieme ai Vigili del Fuoco e diverse altre squadre del territorio nello spegnimento di roghi scoppiati sul San Primo, Bollettone e, da ultimo, il Monte Rai.

Piromani? Disattenzione? Di certo, ma non solo. A rendere più complicati gli interventi antincendio sono anche le recenti novità che hanno interessato la macchina dei soccorsi, da quando nello specifico la Guardia Forestale è stata “inglobata” nell’Arma dei Carabinieri. “Prima di questa riforma – ha spiegato Casartelli – arrivava la segnalazione al 1515, il Corpo Forestale dello Stato, e il 1515 chiamava direttamente anche l’ente forestale competente per il territorio, nel nostro caso la Comunità Montana Triangolo Lariano, che se ne occupava con maggiore tempestività. Ora invece si chiama magari prima il 112, poi il 115 che avvisa la Regione che a sua volta contatta l’Ente Forestale competente. E’ chiaro che le tempistiche si dilatano e, nel caso di incendio, il tempo è davvero tutto. Un’ora di ritardo nell’intervento può già compromettere un ettaro di bosco, soprattutto se, come spesso accade, a prendere fuoco è quel misto di erba di alta montagna e sterpaglie, il cosiddetto paglione”.

Ma come mai, contrariamente all’immaginario comune, è proprio d’inverno che il rischio di incendio nei nostri boschi si alza? “E’ una questione di vegetazione – ha spiegato l’esperto – di fatto in questi mesi le piante di spogliano e quelli che d’estate sono prati verdi in inverno diventano paglione, più facilmente infiammabili. Mettiamoci l’assenza di acqua e precipitazioni, quest’anno eccezionale (è un mese e mezzo che non piove, ndr), la presenza di qualche scellerato che si diverte ad appiccare il fuoco o le disattenzioni e il gioco è fatto. Basta davvero un poco per causare un incendio devastante, come si è visto in quest’ultimo periodo”.

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Un volontario impegnato nello spegnimento dell’incendio scoppiato sul Bollettone

 

L’assenza di pioggia e neve fa sì che tutti i versanti siano senza neve e aridi, anche quelli a nord, di norma innevati. Circostanza che alimenta l’espansione dell’incendio, come spiegato: “Non essendoci la neve le fiamme si propagano su tutti i versanti: è quello che è successo sul Bollettone, le fiamme dal crinale, dove sono arrivate, invece di fermarsi hanno proseguito la loro corsa, scendendo verso Faggeto Lario. Questo rende davvero decisiva la tempistica di intervento, prima ci si porta sul luogo per intervenire meglio è. Noi volontari antincendio riceviamo spesso segnalazioni non ufficiali, ovvero sono i cittadini che avvistano il fumo o il fuoco e ci avvisano. Più l’incendio è in quota più è probabile che l’allarme scatti prima e di conseguenza l’intervento”.

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Fiamme sul monte San Primo, il 15 dicembre 2016

 

Nessun dubbio sull’origine dolosa o colposa degli incendi: “Sul monte San Primo la colpa delle fiamme è per certo da attribuire a un piromane, lo capiamo da come e dove i diversi incendi sono stati appiccati. Sul Bollettone e sul Monte Rai non ne abbiamo la certezza, più probabilmente l’incendio è nato a seguito di una disattenzione, come un mozzicone di sigaretta. Altrettanto pericolosi per i boschi, va ricordato, sono i petardi e le lanterne cinesi: a Chiavenna, l’incendio attivo da oltre una settimana è scoppiato proprio la notte di capodanno a causa di un petardo”.

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Elicottero in azione sul Monte Rai, la notte tra i 4 e il 5 gennaio

 

Mania o disattenzione che sia, spegnere gli incendi, soprattutto se di grande entità, costa caro, e non solo in termini di energie dei volontari e di danni ambientali: l’impiego dei mezzi aerei come elicotteri e Canadair prevede un tariffario davvero salato (dai 12 ai 20 mila euro il costo all’ora di un Canadair, compreso tra i 3 e i 5 mila quello dell’elicottero), a cui va ad aggiungersi il ripristino che, come ricordato da Casartelli, finisce spesso per non essere effettuato: “La bonifica e ripiantumazione dei boschi ha costi davvero esorbitanti: per un ettaro possono volerci fino a 20 mila euro. Si capisce quindi perché le aree boschive bruciate dagli incendi non vengano ripristinate ma lasciate riprendere a ritmi naturali che, come sappiamo, sono molto lunghi”.

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Sono le betulle a ricrescere per prime nei nostri boschi, in qualità di piante pioniere. Ma, come ha ricordato Casartelli, il fuoco incontrollato è pericoloso proprio perché distrugge qualunque cosa sul suo percorso e dopo il suo passaggio non è detto che ricrescano le stesse piante, ma altre specie oppure, nel peggiore dei casi, rovi. Senza contare l’alto rischio idrogeologico a cui i versanti incendiati sono esposti: “Al primo acquazzone senza la presenza di arbusti e vegetazione rischia di franare tutto. Ecco perché va sfatata la credenza che il fuoco faccia bene, incondizionatamente. Un conto sono i fuochi prescritti, anticipati da uno studio sull’impatto che le fiamme avranno sul bosco o comunque sull’area incendiata, un conto quelli incontrollati”.

Sul fronte dei rimedi Casartelli fa leva sulla prevenzione: “Purtroppo in Italia, come per tante altre cose, se ne fa poca. Oggi rispetto a una decina di anni fa la situazione è migliorata, la gente è più attenta e forse anche più sensibile al tema, poi i malintenzionati non mancano e sulla ‘colposità’ l’unico modo di intervenire è attraverso la prevenzione e sensibilizzazione delle persone. Evitare di buttare il mozzicone della sigaretta acceso in un prato secco o di usare le lanterne cinesi nelle vicinanze di aree boschive sono piccole accortezze che possono però fare tanto per i nostri boschi” ha concluso.