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Erba. Alla Libreria di via Volta arriva Fausto Giberti, laboratorio il 6 maggio

Caterina Franci 18 Aprile 2017

Cultura, Erba, Notizie brevi

ERBA – La Libreria di Via Volta ospiterà Fausto Giberti nel mese di maggio, protagonista di due laboratori riservati uno agli alunni della scuola media Puecher l’altro, al pomeriggio, aperto a tutti gli appassionati di arte e illustrazione.

L’appuntamento è per sabato 6 maggio alle ore 14.30 e si intitola “La Gioconda con i baffi e altre storie dell’arte”. Come raccontare la Gioconda con i baffi di Marcel Duchamp o la merda d’artista di Piero Manzoni? Con l’ironia, l’intelligenza e la leggerezza che contraddistinguono lo stile di Fausto Gilberti e con i libri illustrati che il disegnatore e autore bresciano ha dedicato ad alcuni maestri della storia dell’arte del secolo scorso: Piero Manzoni, Yves Klein, Lucio Fontana, Jackson Pollock, Marcel Duchamp.  Attraverso il suo inconfondibile segno grafico essenziale, e la sua scrittura chiara e sintetica ha descritto con ironia, divertimento e senza spiegazioni superflue concetti di difficile comprensione anche per un pubblico adulto, ma digiuno di arte contemporanea.
Età consigliata: ragazzi e adulti. 
Durata 90 minuti 
per informazioni e prenotazioni 0313355128 
lalibreriadiviavolta@gmail.com

L’altro appuntamento è per sabato 29 aprile ore 18 con il Gruppo di lettura: I lettori in via Volta si incontrano per discutere del libro Io non mi chiamo Miriam di M. Axelsson – Iperborea

“Io non mi chiamo Miriam”, dice di colpo un’elegante signora svedese il giorno del suo ottantacinquesimo compleanno, di fronte al bracciale con il nome inciso che le regala la famiglia. Quella che le sfugge è una verità tenuta nascosta per settant’anni, ma che ora sente il bisogno e il dovere di confessare alla sua giovane nipote: la storia di una ragazzina rom di nome Malika che sopravvisse ai campi di concentramento fingendosi ebrea, infilando i vestiti di una coetanea morta durante il viaggio da Auschwitz a Ravensbrück. Così Malika diventò Miriam, e per paura di essere esclusa, abbandonata a se stessa, o per un disperato desiderio di appartenenza continuò sempre a mentire, anche quando fu accolta calorosamente nella Svezia del dopoguerra, dove i rom, malgrado tutto, erano ancora perseguitati”.