Erba

Uccise la madre a luglio: muore in carcere Massimo Rosa

Lorenzo Colombo 19 Novembre 2014

Cronaca, Erba

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ERBA –  Si è tolto la vita in carcere Massimo Rosa, il 59enne di Erba che lo scorso mercoledì 16 luglio ha ucciso con un colpo di pistola la madre, Luigia Castelnuovo, di 89 anni (vedi articolo).

L’uomo, che aveva vissuto ad Arcellasco in via Verri con il fratello Sandro e la madre,  ha deciso di mettere fine alla sua vita questa mattina all’alba.

“Sono stato avvisato intorno alle 10 dell’accaduto – spiega l’avvocato di Rosa, Gianluca Giovinazzo – L’ho visto ieri e mi era sembrato tranquillo, come sempre. Era consapevole che avrebbe dovuto affrontare il processo ed era seguito da uno psicologo e un educatore, ma non aveva mai manifestato l’intenzione di suicidarsi”.

Luigia Castelnuovo uccisa dal figlio Massimo Rosa Erba luglio 2014
Luigia Castelnuovo

L’avvocato, dall’arresto di luglio sino a ieri, ha sempre fatto visita al suo assistito almeno una volta a settimana. “Avevamo un colloquio a settimana, sia per aggiornarlo su come stavano andando le cose, che per stargli vicino. Stava molto male quando parlavamo del fratello, era per lui un motivo di enorme sofferenza, ma nel complesso era stato sempre abbastanza tranquillo, mai potevo immaginare che sarebbe potuta succedere una cosa simile”.

Massimo Rosa era si in carcere ma non era mai stato in cella per motivi di salute. Questa estate, dal 24 luglio al 25 agosto, era stato operato all’ospedale San Paolo di Milano a un piede, conseguenza del diabete da cui era affetto da tempo. A fine agosto era tornato al Bassone di Como, ma in infermeria, dove è stato trovato morto questa mattina.  

“Non è possibile che in un mese ci siano stati due suicidi in carcere a Como – commenta Giovinazzo – Mi viene da pensare che c’è qualcosa che non funziona, che deve essere modificato”.

Per quanto riguarda l’omicidio commesso da Rosa invece il legale ha spiegato che erano in attesa che notificassero il giudizio immediato: “Noi volevamo richiedere il rito abbreviato e sperare in uno sconto di un terzo della pena. Sono molto amareggiato della sua morte, in questi mesi lo avevo conosciuto e mi raccontava anche la sua esperienza in carcere. Si era guadagnato la vicinanza dei detenuti, con loro giocava spesso a carte durante le ore pomeridiane. A gennaio volevamo chiedere i domiciliari, presso una casa famiglia. Ormai non c’è più nulla da fare, ha scelto di morire piuttosto che affrontare il processo”.