Erba

Donatori Avis in pensione più tardi: coinvolti oltre 2mila erbesi

Lorenzo Colombo 25 Settembre 2013

Attualità, Erba, Politica

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donatori avisERBA – Coinvolge anche tanti erbesi la riforma dell’ex ministro Elsa Fornero che riguarda i donatori di sangue costretti ad andare in pensione più tardi per recuperare i giorni “spesi” per le donazioni.

Sembra assurdo, e l’incredulità è davvero la reazione dei più alla notizia che è partita da Cremona, città che conta il maggior numero di avisini in Italia.

Solo a Erba sono oltre 2 mila le persone che potrebbero essere interessate dal provvedimento, oltre 15 mila nel lecchese e, se si pensa su scala nazionale, a pagarne le conseguenze sarebbero ben un milione e 200 mila volontari.

Chi si stava già pregustando la tanto attesa pensione ed è iscritto all’Avis, dunque, dovrà aspettare ancora e recuperare quei giorni in cui è andato a donare con regolare permesso.

Due le alternative della riforma Fornero: o recuperare mesi lavorando, oppure smettere di lavorare ma percependo la pensione con una diminuzione di quasi il 2%.

“E’ l’Avis nazionale ad attivarsi in questa situazione, per cercare di stoppare la riforma – ha spiegato il presidente della sezione di Erba, Riccardo Fumagalli – Credo che la voce di oltre un milione di avisini basti e spero davvero che si faccia un passo indietro. Non è possibile pensare che una persona che fa del bene e dona ci deve pure rimettere sul piano pensionistico“.

Nessuno per il momento, ha manifestato il proprio disagio e la propria preoccupazione a Fumagalli: ” Credo che gli avisini non siano stati sufficientemente informati, ma visto che la riforma non è definitiva e che c’è un’interrogazione parlamentare credo che la linea da seguire sia quella di non creare allarmismi”.

Fumagalli, comunque, non ha certo nascosto la situazione e proprio nella serata di mercoledì 25 settembre, durante la seduta di Consiglio, ha spiegato al tavolo le novità introdotte dalla Fornero.

Nel frattempo in tutta Italia si sta attuando una vera e propria battaglia per cercare di fermare questo provvedimento che rischia di spaventare i donatori e, cosa ben più grave, di allontanare qualche membro dall’associazione. Non nasconde questa ipotesi il presidente erbese: “Una parte di donatori sono lavoratori autonomi o comunque fanno un lavoro che non richiede il riposo per la giornata della donazione, ma altri devono restare a casa, specialmente quelli che fanno un lavoro più duro e fisico. C’è quindi la possibilità di perdere qualche donatore che giustamente non vuole rimetterci sulla pensione”.

“Qualcuno si è fatto vivo, stupito e amareggiato, chiedendo chiarimenti – ha invece spiegato il presidente di Avis Lecco, Bruno Manzini, contattato dalla redazione di LECCONOTIZIE.COM – Questo è un mancato riconoscimento del valore morale della donazione e può scoraggiare i donatori. La riforma va a colpire un servizio che offre un vantaggio per tutta la società“.

Di seguito la comunicazione ufficiale dell’Avis nazionale:

AVIS segue con costante attenzione la sorte delle migliaia di donatori di sangue che, in seguito alla riforma Fornero, si troverebbero oggi costretti o ad allungare la propria permanenza sul posto di lavoro per un numero di giorni pari alle donazioni di sangue ed emocomponenti effettuate o ad una decurtazione del 2% dell’assegno previdenziale nel caso in cui non volessero (o non potessero) recuperare le giornate perse.

Sono ormai decine le segnalazioni che arrivano quotidianamente alla sede nazionale AVIS dalle sedi territoriali, interpellate dai patronati o dagli stessi donatori di sangue prossimi alla pensione in merito all’effettivo riconoscimento delle suddette giornate.

«Stiamo già lavorando da tempo con le istituzioni competenti e con le altre associazioni del dono per inquadrare e risolvere il problema, che si presenta delicato. Fermento e preoccupazione sono comprensibili, ma dobbiamo affrontare il tema nel giusto modo, con concretezza e determinazione – commenta il presidente di AVIS NAZIONALE, Vincenzo Saturni – per questo continueremo i nostri sforzi per giungere entro breve tempo ad una soluzione chiara e definitiva, in modo da dare certezze ai donatori che sono, prima di tutto, cittadini».

La norma prevede, infatti, che sulle anzianità contributive maturate prima del 2012 sia applicata una riduzione pari all’1% per ogni anno di anticipo nell’accesso al pensionamento rispetto all’età di 62 anni. Il taglio sale al 2% per ogni ulteriore anno di anticipo rispetto ai 60 anni.

Diversi istituti contrattuali, seppur coperti da contribuzione effettiva e utili ai fini pensionistici – come ad esempio congedo matrimoniale, permessi per Legge 104/1992, donazione sangue, permessi retribuiti per motivi familiari e lutto, diritto allo studio, sciopero e congedi parentali (ex maternità facoltativa) – sembrerebbero non utili al fine di determinare l’anzianità da prendere in considerazione per non far scattare le penalizzazioni previste.

La donazione di sangue, normata in Italia dalla legge 219/05, prevede secondo l’articolo 8 comma 1 della stessa legge il riconoscimento della retribuzione e dei contributi per la giornata in cui si è compiuta la donazione.

«Penalizzando i donatori dal punto di vista pensionistico – conclude il presidente di AVIS – non si riconosce il valore morale e solidale della donazione di sangue per il servizio sanitario nazionale, scoraggiando per l’immediato futuro la chiamata dei donatori (attuali e potenziali) e mettendo seriamente a rischio l’obiettivo dell’autosufficienza nazionale di sangue ed emocomponenti. E questo, semplicemente, non è accettabile».